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Funivia Mottarone: fermati il proprietario e due dipendenti, che avrebbero ammesso le colpe

STRESA – La svolta è arrivata quasi all’alba, dopo una notte di interrogatori serrati e, a tratti, anche tesi e drammatici. A tre giorni dalla tragedia del Mottarone, il crollo della cabina della funivia in cui sono morte quattordici persone, tra cui due bimbi, ci sono tre fermati.

Si tratta di Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l’impianto, la Ferrovie Mottarone srl, il direttore e il capo operativo del servizio. Devono rispondere di “Rimozione od omissione dolosa di cautele” previsto dell’articolo 437 del codice penale che punisce chi omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia. Ipotesi aggravata se dal fatto deriva un disastro.

A disporre il fermo è stato il procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi, che con il pm Laura Carrera coordinano le indagini dei carabinieri, in seguito all’analisi della cabina precipitata e agli interrogatori. Un confronto di oltre dodici ore con dipendenti e tecnici dell’impianto convocati nella caserma dell’Arma, a Stresa, dal pomeriggio di ieri. Persone informate sui fatti, in un primo momento, ma già ieri sera, con l’arrivo dei primi avvocati, è stato chiaro che la posizione di alcuni di loro era cambiata. Dopo mezzanotte è arrivato anche Nerini, raggiunto in seguito anche dal suo difensore, l’avvocato Pasquale Pantano.
Nei confronti dei tre fermati, per i quali la procura di Verbania chiederà nelle prossime ore la convalida del fermo e la misura cautelare, è stato raccolto quello che il procuratore Olimpia Bossi definisce un quadro fortemente indiziario. L’analisi dei reperti ha infatti permesso di accertare che «la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso». Per gli inquirenti, il ‘forchettone’, ovvero il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainane, non è stato rimosso. Un «gesto materialmente consapevole, per evitare disservizi e blocchi della funivia, che da quando aveva ripreso servizio, presentava anomalie».

Le indagini non sono finite. E non solo perché, con l’intervento dei tecnici, sarà necessario confermare quanto emerso dai primi accertamenti. La procura di Verbania intende infatti valutare eventuali posizioni di altre persone. «Si è tutto accelerato nel corso del pomeriggio e di questa notte – conclude il procuratore lasciando la caserma -. Nelle prossime ore cercheremo di verificare, con riscontri di carattere più specifico, quello che ci è stato riferito», conclude parlando di un quadro fortemente indiziario nei confronti dei fermati. Persone che avevano, «dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire. Coloro che prendevano le decisioni». E che, secondo gli sviluppi dell’inchiesta, non l’hanno fatto.

«Uno sviluppo investigativo molto inquietante: Con la convinzione che mai si sarebbe tranciato il cavo si è corso il rischio più volte e di una tragedia sebbene le anomalie del sistema fossero state segnalate più volte. Tra gli ultimi interventi c’è sicuramente quello del 3 maggio scorso, ma almeno un’altra richiesta di intervento sarebbe stata ignorata, insomma la cabina sarebbe stata a rischio per più giorni o settimane», ha concluso il procuratore.

AGGIORNAMENTO DELLE 10,00: Hanno ammesso le tre persone fermate nella notte per l’incidente alla funivia del Mottarone. Lo afferma il comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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