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Riforma delle pensioni, è sempre aperto il cantiere ma sembra ristretto a triplice e governo

Il cantiere delle pensioni è sempre aperto e si riduce sempre più a un dialogo a due voci tra governo e triplice sindacale, soprattutto con la Cgil di Maurizio Landini. Avvicinandosi il termine della sperimentazione di Quota 100, il 31 dicembre 2021, sono diverse le proposte di Riforma delle pensioni che stanno avanzando, con l’idea generale che dovrebbe essere quella di garantire una certa flessibilità in uscita, senza gravare (troppo) sui conti dello Stato.

Tra le ipotesi c’è quella di garantire un’uscita flessibile senza penalizzazioni non generalizzata, ma riservata solo a particolari categorie di lavoratori che si ritiene abbiano fisiologicamente, per il tipo di lavoro che svolgono, la necessità di andare in pensione anticipata rispetto al requisito richiesto per quella di vecchiaia, attualmente fissato a 67 anni.

Il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha ricordato nei giorni scorsi in un question time in Parlamento che l’argomento riforma pensioni è all’ordine del giorno e sarà affrontato probabilmente entro la fine di giugno mentre le Commissioni paritetiche di studio sui lavori gravosi, istituite dal Governo Conte, sono al lavoro con l’obiettivo di portare dati oggettivi utili per capire in che direzione andare nella prossima riforma per garantire sia sostenibilità della spesa pubblica, come raccomandato anche dall’UE, che giustizia sociale.

Intanto i sindacati, CGIL CISL e UIL, che partecipano attivamente al cantiere, si stanno battendo molto su questo fronte con l’obiettivo di riuscire ad avere un intervento governativo in merito prima della fine dell’anno, così che dal 2022 i lavoratori prossimi alla pensione possano avere un’alternativa ai requisiti Fornero, con un occhio di riguardo in particolare per i lavoratori impiegati in mansioni gravose e usuranti. Le proposte delle tre sigle sindacali sono state riassunte in un documento unitario  intitolato Cambiamo le pensioni adesso, con il quale si chiede in sintesi:

-flessibilità di uscita dal mondo del lavoro e di accesso alla pensione, senza penalizzazioni per chi ha contributi prima del 1996, a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età;

-ridurre i vincoli sul requisito degli importi minimi di trattamento nel sistema contributivo che penalizzano i redditi più bassi;

-modificare l’attuale adeguamento alla speranza di vita, penalizzante sia con riferimento ai requisiti anagrafici e contributivi che sul calcolo dei coefficienti di trasformazione;

-rafforzare i contratti di espansione e della isopensione;

-dare più sostegno alle categorie più deboli come disoccupati, invalidi , caregiver, lavori gravosi e usuranti, garantendo loro condizioni più favorevoli, strutturalmente;

-ampliare la platea dei lavori gravosi ed usuranti anche a coloro che svolgono attività lavorative con esposizione a materiale nocivo e a coloro che hanno una malattia professionale riconosciuta dall’INAIL e per chi è affetto da malattie che determinano un’attesa di vita più bassa;

-rafforzare l’utilizzo della previdenza complementare con una massiccia campagna di informazione per i lavoratori e un semestre di adesione attraverso il silenzio assenso.

Il tavolo – cantiere è ancora aperto alle varie proposte di modifica, ma il governo sembra intenzionato a proseguire sulla linea di concordare sostanzialmente il da farsi soprattutto con i sindacati, mettendo da parte altre categorie, come inveterata abitudine dei partiti progressisti. Attendiamoci penalizzazioni per il ceto medio anche in questo delicato settore. Non dimentichiamo  che in questo periodo di lockdown e di crisi molte famiglie sono state sostenute dalle pensioni dei nonni, che hanno svolto una vera e propria funziona di ammortizzatore sociale.


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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