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Kabul arresa ai talebani: rinasce l’Emirato islamico. Per gli Usa di Biden in fuga, riaffiora il ricordo di Saigon

Kabul Arresa Talebani
EPA/STRINGER

KABUL – La capitale afghana è nelle mani dei talebani, che hanno annunciato la rinascita dell’Emirato Islamico. La bandiera bianca dei Talebani sventola sul pennone del palazzo presidenziale. Bandiera con una scritta nera che indica la testimonianza di fede dei musulmani, utilizzata dai talebani quando presero il potere negli anni ’90, proclamando per la prima volta la nascita dell’Emirato islamico dell’Afghanistan. La notizia è stata diffusa sui social dopo una giornata convulsa, caratterizzata dalla resa di fatto della capitale all’avanzata degli insorti. L’Afghanistan è ormai drammaticamente tornato nella morsa di coloro che tollerano le donne solo con il burqa. E l’Occidente, a cominciare dagli Stati Uniti, si è ritirato, cercando solo di portar via i connazionali. Gli Usa, con Biden, non sono più la sentinella del mondo libero. E tornas, drammaticamente, il ricordo del disimpegno dal Vietnam, con l’abbandono di Saigon nelle mani delle truppe di Hanoi. Con la differenza che qui non è solo un regime politico che s’impone, ma un sistema basato sul credo religioso, a cui tutti, in particolare le donne, devono sottomettersi.

Dopo l’entrata di una testa di ponte nella città, apparentemente per avviare una trattativa e arrivare ad un governo transitorio, i fondamentalisti hanno improvvisamente sterzato verso la piena presa del potere. Con l’entrata in massa dei combattenti rimasti in attesa del via libera alle porte della città. Mentre il presidente, Ashraf Ghani, fuggiva. Per evitare un bagno di sangue, ha dichiarato.

«I talebani hanno vinto… e ora sono responsabili dell’onore, della proprietà e della tutela dei loro connazionali», ha affermato Ghani in una dichiarazione pubblicata su Facebook. Ghani che non ha riferito dove si è recato dopo aver lasciato l’Afghanistan, ha detto di credere che innumerevoli patrioti sarebbero stati martirizzati e la città di Kabul sarebbe stata distrutta, se lui fosse rimasto nel Paese. I talebani hanno assicurato di essere entrati in città per garantire la sicurezza, ma Kabul è immediatamente finita nel caos, con strade completamente bloccate per la popolazione in fuga, sparatorie segnalate in città e l’aeroporto sotto tiro.

L’ipotesi circolata in mattinata di un governo di transizione con a capo l’ex ministro dell’Interno Ali Ahmad Jalali è immediatamente evaporata con l’occupazione del palazzo presidenziale. Mentre diplomatici e civili stranieri prendevano d’assalto l’aeroporto della capitale, dove alcuni Paesi come gli Stati Uniti hanno assicurato che manterranno una rappresentanza diplomatica. L’Italia ha evacuato l’ambasciata ed è partito il piano di evacuazione di diplomatici e cittadini, inoltre ha annunciato un ponte aereo per l’evacuazione di tutti i collaboratori afghani dei ministeri di Difesa ed Esteri. Riunioni di emergenza per analizzare la situazione sono state attivate in molti paesi occidentali, mentre la Nato ha sottolineato che la soluzione politica in Afghanistan è più urgente che mai. Ma gli Usa, travolti dalle polemiche e accusati di aver scatenato l’escalation talebana, hanno continuato a difendere la loro politica di ritiro delle truppe. Lo ha fatto il segretario di Stato Antony Blinken, che ha respinto ogni paragone con Saigon ed ha assicurato che gli obiettivi della guerra in Afghanistan sono stati raggiunti. Ma il timore è un salto indietro di 20 anni.

«Osserviamo completamente scioccati mentre i talebani prendono il c»ontrollo dell’Afghanistan. Sono profondamen¡te preoccupata per le donne, le minoranze e i difensori dei diritti umani», ha scritto l’attivista e premio Nobel per la pace pakistana, Malala Yousafzai. I talebani hanno assicurato di essere cambiati, e che stavolta rispetteranno i diritti delle donne e consentiranno loro l’accesso all’istruzione. Ma sono in pochi a crederci. E lo dimostra la fuga in massa da Kabul. Migliaia di persone si sono messe in strada, a piedi o in auto, alla ricerca di una via di fuga. Centinaia di afgani hanno raggiunto la Porta dell’Amicizia nella città di Chaman, al confine tra Afghanistan e Pakistan, molti portando solo una borsa con le loro cose dopo essere scappati dalle loro case. Totale il caos all’aeroporto, con la gente sulle piste pur di riuscire a salire sugli aerei e lasciare il paese. E allerta per la sicurezza nello scalo, lanciata dall’Ambasciata Usa, mentre la Nato ha assicurato il suo aiuto per gestire le evacuazioni. Fuga e disimpegno, dunque. Con una popolazione che ora teme il peggio.



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