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Controlli covid, il Consiglio europeo alla fine approva la linea di Draghi, limiti agli ingressi anche da Paesi Ue

Nonostante l’inizio tumultuoso e poco produttivo del summit (Consiglio europeo) fra i leader dei 27 Paesi più la Commissione, riuniti nel Consiglio europeo, alla fine, dopo lunghe discussioni, i 27 hanno trovato la quadra. Sposando la linea dell’Italia di Draghi che all’inizio era stata oggetto di contestazioni europee non tanto per i contenuti, quanto per i tempi. Ma poi, di fronte all’evidente avanzata della pandemia, tutti si sono accordati per procedere con urgenza e all’unisono, sposando in sostanza la linea esposta da Draghi. Ed è stato fissato anche un limite temporale alle vaccinazioni, in modo che siano efficaci ovunque, sulla base delle esperienze e delle conoscenze attuali.

Tutti gli Stati dunque, sulla base delle conclusioni del Consiglio Ue,  devono fissare il limite del green pass a nove mesi dalla seconda dose. Finora si trattava di una semplice raccomandazione, in Consiglio invece è emerso che la scadenza diventerà un obbligo giuridicamente vincolante. Il braccio di ferro sulla questione va avanti da un paio di settimane, da quando la Commissione ha pubblicato la raccomandazione nella quale invitava i governi ad accorciare il periodo di validità del Certificato Covid.

Bruxelles aveva fatto un primo annuncio il 25 novembre scorso, all’indomani del decreto italiano che prevedeva proprio di ridurre a 9 mesi la durata del Green Pass. Ma l’appello di Ursula von der Leyen è caduto praticamente nel vuoto, visto che la raccomandazione non è stata ancora approvata dal Consiglio Ue.

A opporsi sono stati in modo particolare i Paesi dell’Est Europa, dove i tassi di vaccinazione sono molto bassi. Bulgaria, Romania e Repubblica Ceca hanno segnalato che per loro non sarà facile garantire la terza dose entro nove mesi *** dalla seconda. Le campagne di immunizzazione procedono ancora a rilento, per questo i loro cittadini rischierebbero di ritrovarsi senza la possibilità di avere il booster e con il Certificato scaduto. Ma l’Italia e la Francia, in particolare, hanno molto insistito su questo punto e sono riuscite a far passare la linea dura: si andrà oltre la semplice raccomandazione agli Stati, visto che la durata verrà fissata nel regolamento.

La prossima settimana la Commissione presenterà un atto delegato che modificherà la normativa e stabilirà una chiara data di scadenza. L’intenzione è di rimanere sui nove mesi, anche se alcuni governi premono per accorciarla addirittura a otto. Le delegazioni hanno tempo fino a lunedì per presentare le loro osservazioni, poi la Commissione pubblicherà l’atto.

Durante il suo intervento al vertice, Mario Draghi ha insistito sulla necessità di stabilire una durata uguale per tutti. Perché la questione si intreccia inevitabilmente con la decisione di Roma di imporre il tampone ai viaggiatori vaccinati. Il ragionamento che viene fatto da fonti italiane è il seguente: al di là delle preoccupanti evoluzioni legate alla variante Omicron, è ormai evidente che la copertura garantita dalle due dosi di vaccino cala notevolmente con il passare del tempo. È dunque rischioso consentire ai cittadini vaccinati dieci mesi prima di circolare liberamente.

Con il nuovo provvedimento non sarà più possibile, ma l’Italia – almeno per il momento – non intende fare passi indietro e resta convinta che l’obbligo di tampone per i vaccinati sia la strada giusta da seguire. Del resto c’è una comunicazione della Commissione, risalente al 1° dicembre scorso, che contempla questa possibilità: «Sulla base delle ultime prove scientifiche disponibili e in linea con il principio di precauzione – si legge nel documento – per rispondere all’attuale rischio derivante dalla variante Omicron, il requisito di un test PCR prima dell’arrivo può essere un mezzo idoneo da considerare per gli Stati membri, in particolare per i viaggi verso l’Ue, nonché per i viaggi all’interno dell’Ue, come parte di un freno di emergenza».

Bruxelles chiede però che tali provvedimenti siano adottati «per il più breve tempo necessario» e «soggetti a revisione costante». L’Italia ha deciso di estendere la durata dell’ordinanza fino al 31 gennaio, mentre la maggior parte dei Paesi non ha seguito la raccomandazione di Bruxelles di ridurre la durata del certificato a 9 mesi dalla vaccinazione: ora diventerà un obbligo vincolante.

Anche se le conclusioni parlano di «coordinamento» e di «proporzionalità« delle misure, gli Stati saranno sostanzialmente liberi di fare come l’Italia, la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo. Nel documento approvato dai leader c’è anche un appello ad accelerare con le terze dosi – definite «decisive e urgenti» e a combattere lo scetticismo sui vaccini attraverso il contrasto della disinformazione. Nessun riferimento, invece, all’obbligo vaccinale ventilato qualche settimana fa da Ursula von der Leyen e da Olaf Scholz. Il neo-cancelliere, al termine del suo primo summit Ue, ha tenuto una conferenza stampa congiunta con Emmanuel Macron per confermare la solidità dell’asse franco-tedesco. Probabilmente i due statisti si stanno accorgendo che Draghi, come molti sostenevano, sta cercando di sostituire Angela Merkel nella conduzione della politica europea, dopo decenni di dominio incontrastato  franco-tedesco (più tedesco che franco). E questo ai due politici capi di Stato e di governo di Paesi abituati a fare i comodi e gli interessi propri non può andare molto a genio. Vedremo gli sviluppi futuri.

 

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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