La Ue inasprisce le sanzioni contro Putin, ma il danno maggiore lo subirà l’Italia

Mentre il nostro Ministero dello Sviluppo economico sta valutando la possibilità di introdurre dazi e autorizzazioni all’export su alcune materie prime destinate alle esportazioni ma che servono alla industria italiana – rottami di ferro, rame, argilla, nichel, prodotti per l’agricoltura – l’Europa unita si rinsalda e inasprisce le sanzioni contro la Russia. Bruxelles ha deciso di sanzionare più oligarchi e funzionari russi – si tratta di altre 160 persone -, rafforzare i controlli sui trasferimenti di criptovalute e prendere di mira il settore marittimo per la guerra di Mosca in Ucraina, andando a colpire l’esportazione di tecnologia di navigazione marittima in Russia
Il presidente russo Vladimir Putin ha reagito prontamente firmando un decreto che dà mandato al governo di stilare entro due settimane una lista di Paesi per i quali saranno vietati i movimenti di export e import. L’obiettivo, ha precisato il Cremlino, è quello di “salvaguardare la sicurezza della Russia”.
Ma quali sono le conseguenze delle sanzioni Ue alla Russia per l’Italia? In pericolo c’è buona parte del tradizionale Made in Italy. Come denuncia la Coldiretti, l’allarme riguarda le vendite degli elementi base della dieta mediterranea come vino, pasta e olio. Che in Russia avevano raggiunto lo scorso anno il valore di 670 milioni di euro con un aumento del 14% rispetto al 2020. L’alimentare è nel mirino delle ritorsioni di Putin come già accaduto nel 2014 con l’embargo a una ampia lista di prodotti in risposta alle sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa e altri Paesi per l’annessione della Crimea. I prodotti Made in Italy destinati alla lista nera potrebbero essere salumi, formaggi e ortofrutta, il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il prosciutto di Parma e quello San Daniele. Tra i prodotti Made in Italy più venduti nel Paese di Putin – precisa la Coldiretti – ci sono prodotti come il vino e gli spumanti per un valore attorno ai 150 milioni di euro, il caffè per 80 milioni di euro, l’olio di oliva per 32 milioni di euro e la pasta per 27 milioni di euro.
In particolare l’Italia è il primo Paese fornitore di vino in Russia, con una quota di mercato di circa il 30%, davanti a Francia e Spagna, e ha registrato nel 2021 un boom della domanda di spumanti, a partire da Prosecco e Asti, ma tra le denominazioni più apprezzate ci sono anche i vini Dop toscani, siciliani, piemontesi e veneti. Gli effetti del conflitto ucraino rischiano dunque di cancellare il Made in Italy a tavola dai mercati e dai ristoranti di Mosca, aggravando ulteriormente gli effetti dell’embargo deciso da Putin con il decreto del 7 agosto 2014, e da allora sempre prorogato, come risposta alla sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa ed altri Paesi per l’annessione della Crimea.
Un blocco che – avverte Coldiretti – è già costato alle esportazioni agroalimentari tricolori 1,5 miliardi negli ultimi 7 anni e mezzo. Al danno diretto delle mancate esportazioni in Russia si aggiunge poi la beffa della diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy, realizzati in Russia – stiamo parlando dei “celebri” parmesan, mozzarella, robiola – o nei Paesi non colpiti dall’embargo – come scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia -, ma anche salame Milano e gorgonzola di produzione Svizzera e reggianito di origine brasiliana o argentina.
“Nei supermercati russi si possono trovare fantasiosi surrogati locali che hanno preso il posto dei cibi italiani originali, dalla mozzarella “Casa Italia” all’insalata “Buona Italia”, dalla robiola Unagrande alla mortadella Milano denuncia ancora Coldiretti. Il danno riguarda infine anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, ha dovuto rinunciare ai prodotti alimentari Made in Italy originali.
Insomma l’adesione di Draghi al pacchetto di misure contro Putin, se da un lato ha consolidato l’unità d’azione dell’Europa, dall’altro rischia di costare caro soprattutto all’Italia e di colpire settori della nostra economia già disastrati dalle conseguenze dei lockdown e divieti imposti dal governo. L’Europa ci costa un occhio della testa non solo per contribuire al suo funzionamento, ma anche per le conseguenze nefaste di molte sue decisioni, come quelle in esame, o non decisioni, come quelle sull’immigrazione, che si ritorcono quasi sempre contro di noi. Ma non è un mistero che la Ue sia stata, fin dall’inizio, a conduzione (e a profitto) franco-tedesco. Chi pensava che nel dopo Merkel Draghi prendesse lui il timone della nave europea è rimasto deluso.
