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Neutralità dell’Ucraina, si propongono i modelli austriaco o svedese, come funzionano

Il post del consigliere dell’ufficio presidenziale ucraino Mikhail Podolyak

Uno degli aspetti che vengono considerati in priorità al tavolo dei negoziati fra Russia e Ucraina è certamente quello della neutralità del paese, sembra accettata anche da Zelensky, sia pure a determinate condizioni e con precise garanzie. Che dovrebbero essere sottoscritte dalla Russia e dalla comunità internazionale. I modelli a cui si guarda (o almeno guarda soprattutto la Russia), sono quelli svedese e austriaco, due Paesi da sempre schierati su questa posizione neutrale, anche se in occasione degli ultimi eventi hanno preso posizione a favore degli aggrediti.

Austria e Svezia – i cui modelli sono stati evocati da Mosca per l’Ucraina ma rifiutati da Kiev – sono arrivati alla scelta della neutralità attraverso percorsi politici molto diversi. Quella austriaca fu una scelta condizionata da un compromesso politico. Vienna si liberò dell’occupazione di Usa, Gran Bretagna, Francia e Urss successiva alla Seconda guerra mondiale grazie alla firma, da parte delle potenze occupanti, del Trattato di stato del 15 maggio 1955.

Un mese prima i sovietici avevano chiesto a Vienna di sottoscrivere il Memorandum di Mosca con l’obiettivo di impedirle l’adesione alla Nato dopo il ritiro alle truppe di occupazione: un percorso analogo a quello probabilmente immaginato da Vladimir Putin e messo sul tavolo dei colloqui dalla delegazione russa. Il 26 ottobre 1955 fu promulgata a Vienna la Dichiarazione di neutralità, un atto costituzionale del parlamento austriaco che quindi non poggia, sotto il profilo giuridico, su un accordo internazionale. Si tratta di una legge fondamentale dello Stato che sancisce l’impegno perpetuo a rimanere fuori da qualsiasi conflitto, a non aderire ad alleanze militari e a non ospitare sul territorio nazionale basi militari straniere.

La Svezia invece, quando scoppiò la Seconda guerra mondiale, era neutrale da più di un secolo, dalla fine delle guerre napoleoniche, e non prese parte al conflitto anche se nella prima fase concesse alcune facilitazioni logistiche alla Germania e in seguito, a partire dal 1944, agli Alleati. Una posizione ribadita nel 1949 quando Stoccolma si rifiutò di entrare nella Nato. Secondo il diritto internazionale, la Svezia si è impegnata a una “neutralità convenzionale” e quindi non a una neutralità permanente. Come membro dell’Unione europea è tra i promotori di un’intensificazione della politica comunitaria di difesa e sicurezza e le truppe svedesi – assieme a quelle finlandesi, norvegesi, estoni e irlandesi – partecipano al battaglione nordico. A partire dal 2015, a seguito dell’attivismo militare russo, sono state aumentate le spese militari ed è stato rafforzato il dispositivo a difesa della strategica isola di Gotland, nel mar Baltico. A seguito dell’invasione russa dell’Ucraina ha ripreso quota in Svezia il dibattito sull’adesione all’Alleanza anche a seguito dell’invio di armi a Kiev.

Il modello austriaco sembrerebbe dunque quello più vicino alla situazione attuale dell’Ucraina, ma Zelensky, almeno per ora, non ci sta perchè non vuole essere costretto a una neutralità permanente. Nonostante le ultime dichiarazioni di non voler aderire alla Nato, ma solo alla Ue, evidentemente il presidente ucraino sta recitando un copione utile per tenersi le mani libere nel prossimo futuro, profittando del sostegno dell’intera (quasi) comunità internazionale e dell’isolamento di Putin. Ma prima o poi le parti dovranno trovare una via d’uscita condivisa capace di non far perdere la faccia a nessuno, soprattutto al presidente moscovita.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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