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Giorgia Meloni fa il capitano: “Pronti per governare, è arrivato il nostro tempo”. I saluti romani? “Sono antistorici”

Giorgia Meloni alla Conferenza programmatica di Fratelli d’Italia

MILANO – Candida se stessa e Fratelli d’Italia al ruolo di guida dell’Italia e rinnega i saluti romani, Giorgia Meloni. Con parole nette: “Ci faremo trovare pronti: abbiamo le idee e gli uomini giusti. E’ arrivato il nostro tempo”. Nei panni del “Capitano”, rivendica il merito di essere la prima “in mezzo a una tempesta a indicare la rotta”, spinge sulla credibilità del suo partito e soprattutto si rilancia alla guida del prossimo governo. Un taglio col passato, insomma. Non a caso, quando maliziosamente le chiedono che ne pensa dei saluti romani, lei taglia corto: “Sono antistorici”.

“Trasformeremo questa epoca infame – assicura – in un nuovo Risorgimento italiano”. Si candida a futura premiership parlando agli oltre 4mila delegati della Conferenza programmatica, stipati in una sala ipertecnologica del Milano Convention Centre, il centro congressi più grande d’Europa. Una location molto in stile Usa: il palco in mezzo alla sala, circondato da militanti con le bandiere, e il maxi schermo a forma di cubo appeso al soffitto simili a quelli delle convention Usa conservatrici, quei Cpac trumpiani dove la leader di Fratelli d’Italia ha preso più volte la parola.

Negli oltre 70 minuti della sua relazione non cita mai i leader del centrodestra, nè degli altri partiti, neppure le tante piaghe aperte nella coalizione. Pronuncia solo i nomi di Joe Biden e Mario Draghi. Al primo ricorda in modo acceso come l’Europa pagherà cara gli effetti della guerra: “Al presidente americano – attacca tra gli applausi – dico che non saremo i muli da soma dell’Occidente: noi pagheremo un prezzo superiore alla crisi, serve un fondo di compensazione”. Poi il premier: “Chiediamo a Draghi di prendere questa sua autorevolezza che sta in cantina, spolverarla, e andare in Europa per chiedere di rivedere le priorità del Pnrr, in modo da intervenire sugli effetti della crisi: bisogna tenere in equilibrio la sostenibilità ambientale con quella sociale”. Pe

r il resto nessun nome, nessun ragionamento sulle formule politiche, ma solo una lunga e articolata presentazione del suo programma, della sua ricetta per sconfiggere “il globalismo e il mondialismo battuto dal combinato disposto pandemia-guerra”. Chiede alla civiltà occidentale di “non rinunciare ai suoi valori, alla sua anima”. Attacca le “utopie globaliste” e ricorda che lei, leader dei conservatori europei, ha il coraggio di parlare dei problemi che affliggono l’Unione, definendosi “molto più europeista dei Soloni di Bruxelles”. Si schiera con il popolo ucraino che difende la sua patria, definita “la prima delle madri”, e attacca “gli oligarchi di Silicon Valley che si permettono di censurare eletti dal popolo”.

Quindi rilancia il primato del Made in Italy, chiede un ministero del mare, ribadisce le ragioni del presidenzialismo e su questo punto bacchetta Enrico Letta: “Il Pd non mi dica che questa riforma non funziona perchè uno va al governo con il 25%: loro ci stanno da 5 anni con il 18%”…”. Ma io suo obiettivo è parlare di difesa della famiglia, della lotta contro l’utero in affitto, a favore del merito, contro “l’idiozia dell’uno vale uno”. In mattinata, aveva ricordato insieme al Sindaco Sala, Ramelli, il militante di destra ucciso nel 1975. “Il valore della mia presenza qui è ricordare e fare memoria, impedire le violenze politiche”, dice ai cronisti prendendo poi le distanze nette dalla manifestazione dell’estrema destra di stasera. “Noi là non ci saremo” assicura.

E i saluti romani? Le chiedono: “Sono gesti antistorici, l’ho detto tante volte”. Sullo sfondo la tensione permanente tra Fdi e Lega. Matteo Salvini dice di voler passare dalla Conferenza: “E’ nella mia città, conto di passare a salutarla domani o dopo”, dice. Ma Ignazio La Russa non ci sta: “Sarebbe un controsenso per noi e per lui. E’ una manifestazione di partito per cui siamo lieti se vengono i capigruppo ma sarebbe stato un fuor d’opera far venire e non far parlare i leader degli altri partiti”. Però il segretario leghista insiste: “Un saluto non è mai un controsenso poi non entro nel merito politico. Per cortesia, c’è un evento di un partito alleato nella mia città e quindi un saluto, non politico ma affettuoso, è il minimo che si possa fare. Poi lascio agli altri il contenuto politico”.


Sandro Bennucci

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