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Libri: “Firenze, La Nascita dell’Umanesimo”, raccontata da un cronista politico, Massimo Vanni

Il libro di Massimo Vanni

FRENZE – Un nuovo Umanesimo è possibile? Alla ricerca di un proprio orizzonte di senso, la politica fa spesso riferimento a quella stagione di straordinario cambiamento che prese prende alla fine del Trecento e che segnò profondamente l’avvio della modernità: “Un ‘nuovo Rinascimento’, un nuovo Umanesimo’ è la promessa di futuro che i leader politici elargiscono nel tentativo di offrire una prospettiva rassicurante.

L’idea di uomo costruita sulle fondamenta di quella stagione, che a Firenze ebbe il suo inizio e conobbe uno dei momenti più alti di afflato civile, appare però adesso definitivamente al tramonto per effetto delle grandi trasformazioni planetarie. E proprio oggi che le vecchie fondamenta sembrano sgretolarsi quando non si vedono ancora quelle nuove, vale la pena ripensare a quella stagione che da Firenze si diffuse in tutta Europa. È quello che ha fatto Massimo Vanni, per lunghi anni cronista politico nei quotidiani, di cui gli ultimi 25 trascorsi a Repubblica: il suo libro s’intitola “Firenze è la mia patria, Coluccio Salutati e la nascita dell’Umanesimo” (Porto Seguro editore, 274 pagine, 17 euro) ed è una ricostruzione delle profonde trasformazioni culturali che furono alla base dell’Umanesimo.

Com’è che la tradizionale visione teocentrica medievale lasciò il posto ad una nuova visione dell’uomo? In che modo un nuovo di governo come il cancelliere della Repubblica fiorentina Coluccio Salutati aprì quasi ‘in solitaria’ una nuova strada che si rivelò assai feconda? E perché proprio a Firenze? Nelle sue lettere e nei suoi trattati, scritti in buona parte in Palazzo Vecchio, si possono scorgere i semi della modernità di cui siamo figli: dalla vita attiva e socialmente impegnata allo spostamento gnoseologico dall’oggetto al soggetto, dall’uomo costruttore della storia alla scoperta tragica della dimensione finita del vivere che, se trovò poi in Leon Battista Alberti e Machiavelli un più ampio svolgimento, si scorge già nelle pagine del cancelliere.

Fu del resto proprio a partire da ser Coluccio che si affermò un nuovo pensiero, senza il quale non saremmo quello che siamo. Senza il quale l’Europa e l’Occidente, nel bene e nel male, non sarebbero quello che sono. È vero che oggi viviamo una drammatica epoca di transizione come quella che si trovarono a vivere gli umanisti, i cui interrogativi sul ruolo e il destino dell’uomo suonano come i nostri di oggi. Invocare però un nuovo umanesimo rischia di essere non solo anacronistico ma perfino imprudente.



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