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Nuovo Minculpop? La proposta di “certificare le notizie” del deputato Fdi. Bocciata anche dal suo partito

Palazzo Montecitorio
Palazzo Montecitorio

“E’ la stampa, bellezza. E tu non puoi farci niente”. Bisogna rispolverare la frase di Humphray Bogart nel film L’ultima minaccia, del 1952 per far capire ai politici, tutti, che non si possono imbavagliare i giornalisti. Perchè censurando il loro lavoro si priverebbe la collettività di informazioni indispensabili, che non si possono tacere.

Lo scrivo a proposito dell’ultima trovata del presidente della Commissione cultura della Camera che, secondo quanto riportato da “Repubblica”, vorrebbe una “riforma dell’editoria capace di certificare le notizie”. In sostanza una censura preventiva su quel che si pubblica. Inaccettabile. Non a caso, lde opposizioni e anche parti più attente della maggioranza hanno parlato di un ritorno al Minculpop. Che cos’era? Il Ministero della cultura popolare del fascismo che stabiliva che cosa si poteva, o non si poteva, stampare. Si tratta di una sciocchezza e lo dico da giornalista con oltre 50 anni di carriera alle spalle. Le notizie non vere, in gergo si chiamano “bufale”. E chi le scrive rischia di passare da inattendibile: un “bufalaro”, appunto. Bollatura insopportabile per un giornalista.

Ma torniamo alla proposta: secondo il deputato di Fratelli d’Italia, dovrebbe prevedere, appunto, un controllo di quanto scritto nella rete. Mollicone sostiene che “non è possibile che solo per fare clickbaiting, ossia per monetizzare i contatti sui siti, si costruisca un titolo-gancio e si finisca per criminalizzare, se non ridicolizzare, le libere opinioni”, osserva l’esponente di Fdi citando il suo suo partito “la classe dirigente che tutti denigrano” e che dice “è quella che ha fondato il partito e in dieci anni l’ha portato, grazie soprattutto a Giorgia Meloni, a essere la prima forza del Paese. Bisogna piantarla con questa mistificazione”.

Un annuncio, come detto, che mette tutta l’opposizione sulle barricate con l’accusa, unanime, di voler ripristinare il “Minculpop”. Non basta: si tratterebbe di un terzo intervento sull’informazione dopo il garante dell’informazione, voluto dal sottosegretario all’editoria Alberto Barachini e la soprannominata dalle opposizioni “legge bavaglio”, approvata lo scorso dicembre alla Camera, che vieta la pubblicazione “integrale o per estratto” dell’ordinanza con cui i giudici formalizzano una misura cautelare”.

La levata di scudi che costringe il diretto interessato a precisare che “non esiste nessuna legge bavaglio” anzi,”della riforma dell’editoria si parla da anni, tutti la invocano. L’idea è quella che, dal confronto con le categorie dei giornalisti e degli editori, possa partire dal Parlamento proprio per essere frutto di confronto con tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione”.

Ma se Mollicone getta acqua sul fuoco, a sgombrare ogni dubbio su quella che dal partito definiscono “una proposta isolata” è una nota del gruppo di Fdi della Camera in cui nero su bianco si chiarisce come non sia “allo studio alcuna proposta di legge di Fratelli d’Italia che intenda limitare la libertà di espressione o di stampa”.

A scendere in campo contro la proposta di Mollicone è anche il sinadcato dei giornalisti, ossia la Federazione Nazionale della Stampa: “Emerge un insano desiderio di controllare l’informazione e le scelte editoriali dei direttori nonché di sostituirsi alle valutazioni deontologiche dell’Ordine dei giornalisti”, osserva Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi.

La proposta del presidente della commissione Cultura viene bollata come una “boutade” da Irene Manzi della segreteria del Pd: “Stiamo affrontando un tema delicato ma fondamentale per la democrazia. Noi non ci tiriamo indietro ma non tentando assurde scorciatoie”. Più duro Sandro Ruotolo, responsabile comunicazione di Dem:”le notizie certificate per legge? La proposta di Mollicone di FdI va respinta al mittente. Non siamo al Minculpop, al ministero della propaganda fascista”.

Gli fa eco Angelo Bonelli dei Verdi: “Non c’è alcun dubbio – è l’accusa – la destra meloniana sta preparando la svolta autoritaria avendo come modello Orban”. Sulla stessa linea il Movimento Cinque Stelle “con queste premesse – avvertono gli esponenti pentastellati in commissione Cultura – una riforma dell’editoria che certifichi la veridicità delle notizie, come paventata da Mollicone, è roba da Minculpop”. Bene.

Fa piacere che ci sia la levata di scudi dell’opposizione. Ma al di là degli schieramenti politici è un bene per la democrazia che non ci siano censure sulla stampa. E nemmeno le cosiddette “querele bavaglio”, ossia la minaccia, da parte di chi deve nascondere qualcosa, di far causa al giornalista che scrive. Quasi sempre le querele vengono archiviate. Perchè infondate. Ma occorre, questo sì, che chi si rivolge al giudice in malafede per bloccare una notizia sia costretto a pagare. E non poco.


Sandro Bennucci

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