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Mostro di Firenze: sarà riesumata la salma di Francesco Vinci. La storia infinita di otto duplici omicidi

Nadine Mauriot E Jean Michel Vittime Del Mostro Nel 1985
Vittime del Mostro di Firenze : Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, la coppia di francesi uccisa a San Casciano Val di Pesa nella notte fra il 7 e l’8 settembre 1985

Sarà riesumata la salma di Francesco Vinci, sospettato, nel 1982, di essere il ‘mostro di Firenze’, ma scagionato dai successivi delitti avvenuti mentre era detenuto in carcere. Vinci fu trovato morto nell’estate del 1993 in circostanze misteriose. Lo ha reso noto, oggi 14 settembre 2024, l’agenzia investigativa Falco di Lucca, a cui si è rivolta la moglie di Francesco Vinci, Vitalia Melis, con l’obiettivo di “fugare ogni dubbio e trovare pace nella sua vita non facile”.

Quando Francesco Vinci fu rimesso in libertà, espatriò in Francia, pur tornando in Italia di frequente, specie a trovare vecchi amici. E trovò una morte atroce, proprio insieme ad uno di questi amici, Angelo Vargiu, entrambi bruciati dentro l’auto del Vinci, che aveva subito, così rivelò l’autopsia, atroci torture, addirittura amputazioni. I loro corpi carbonizzati furono trovati nella frazione Garetto di Chianni vicino a Pontedera (Pisa) nel bagagliaio di una Volvo 240 il 7 agosto del 1993.

Fin qui la notizia di oggi. Siamo a una svolta? Lasciatemi essere almeno perplesso. Ero agli Scopeti, la sera di lunedì 9 settembre 1985, dove poche ore prima erano stati ritrovati, sotto la tenda, i corpi massacrati di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, ultime vittime attribuite al “mostro di Firenze”. Avevo già responsabilità nel vertice della cronaca di Firenze de “La Nazione”, ma il direttore di allora, Tino Neirotti, decise di inviare anche me per “scavare” e trovare magari nuove testimonianze. Ho già scritto più volte di essermi nascosto dietro un albero per ascoltare quello che si stavano dicendo due magistrati, Paolo Canessa e Francesco Fleurit e il professor Francesco De Fazio, criminologo, docente all’Università di Modena.

Parlarono di un’orma grande, forse uno scarpone numero 45. Probabilmente di un “omone”. Giornalisticamente fu un “colpo”. Titolo con richiamo in prima pagina. E confermai il racconto, 20 anni dopo, al giudice Giuliano Mignini (magistrato che poi si sarebbe occupato della morte di Meredith), dal quale venni convocato a Perugia. Poi rintracciai e intervistai il cameriere volontario che servì l'”ultima cena”, a Nadine e Jean Michel alla festa de l’Unità di Cerbaia, probabilmente la sera prima di essere uccisi.

Tutto questo per dire che ho seguito in diretta la vicenda “mostro”, processi a Pacciani compresi. E intrevistai varie volte il mitico procuratore del caso, Pier Luigi Vigna. Ho visto scritto e sentito molto sul “mostro”. Francamente non so dove questa nuova pista, con la riesumazione di Francesco Vinci, possa portare. La sensazione è che, a ormai 40 anni di distanza dall’ultimo delitto, le ricostruzioni siano difficili, talvolta superficiali, non senza qualche confusione.

E andiamo avanti sulla notizia di oggi. La morte di Francesco Vinci non ha mai convinto la moglie, Vitalia Melis, che lo aveva difeso sempre, anche in tutti i casi di furti o omicidio in cui era stato coinvolto; anche dalle accuse riguardanti il ‘mostro’. Molti, alla macabra fine di Francesco, andarono con la mente alla vicenda di suo fratello Salvatore Vinci, anche lui indagato nel 1985 per gli omicidi del ‘mostro di Firenze’, ed anche lui, come Francesco, amante della prima vittima femminile della serie di delitti, Barbara Locci, e che avrebbe fatto credere a tutti di essere deceduto per un male incurabile al fegato, ma che secondo il detective dell’agenzia Falco Davide Cannella, vivrebbe ancora sotto falso nome in un paesino della Spagna.

Proprio all’agenzia Falco di Lucca, di Davide Cannella, si è rivolta Vitalia Melis. Cannella, che dirige la Falco assieme ai figli Matteo e Luca, ha chiesto ed ottenuto la riesumazione del corpo di Vinci “per vederci chiaro, anche sulle tante incongruenze presenti nella autopsia di 31 anni fa – ha spiegato – Anche a partire dal fatto che Vinci, quando da giovane viveva a Villacidro, ebbe un diverbio con un coetaneo che gli sparò con una pistola al petto. Ma non fu possibile estrarla e per tutta la vita dovette portarla nel suo torace, ma incredibilmente non fu trovata nell’esame necroscopico”.

Dall’ estrazione e comparazione del Dna, fa sapere l’investigatore privato, “si potrà fugare ogni dubbio almeno sulla fine di Francesco Vinci. Ma da queste risposte ne verranno molte altre, proprio sul cosiddetto ‘mostro di Firenze'”.

Mi rifaccio la domanda: che cosa ne penso? Dopo averne viste tante su una vicenda che sembra infinita, e sulla quale non abbiamo mai conosciuto una verità attendibile, sono nuovamente stupito. Pessimista? No, da cronista sempre stato curioso, aspetto di vedere. Anche per capire chi, realmente, ci sia stato, o ci sia ancora, dietro agli otto duplici omicidi avvenuti fra la fine degli anni Sessanta e il 1985 nella campagna intorno a Firenze.


Bennucci

Sandro Bennucci

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