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Dazi: Trump confida nella Corte suprema Usa dopo che i giudici hanno li dichiarato illegali. E problemi su espulsioni migranti

Donald Trump (foto da Instagram)

Dazi di Trump illegali, secondo i giudici d’appello di Washington. Il tycoon in difficoltà. Ha altri poteri per imporre la sua volontà, ma limitati. Dunque sarà la Corte suprema Usa l’arbitro finale della partita sui dazi. Intanto sono stati dichiarati illegali dai giudici che hanno confermato una precedente sentenza della corte del commercio internazionale, ma lasciando in vigore le tariffe sino al 14 ottobre per consentire all’amministrazione Trump di fare ricorso.

Il presidente, ai minimi nei sondaggi, confida nella massima istanza giudiziaria americana. O, meglio, nella maggioranza conservatrice (5 a 4) che lui stesso ha cementato con le sue tre nomine. E questo vale sostanzialmente per tutte le sue mosse più controverse, in particolare quelle che stanno forzando i limiti del potere esecutivo a scapito di quello legislativo, con frequenti stop di corti e giudici di primo e secondo grado. Come è capitato venerdì anche per la procedura rapida usata per le deportazioni di massa degli immigrati illegali, vietata dalla giudice Jia Cobb (nominata da Joe Biden) per il rischio di violare i diritti al giusto processo.

Il presidente dovrà quindi difendere sia i dazi che le espulsioni rapide, due pilastri della sua politica, davanti ai nove saggi. Il tycoon ha attaccato su Truth la corte d’appello che ha sentenziato sulle tariffe, definendola di parte e avvisando che il Paese rischia la “distruzione totale” se la decisione non sarà ribaltata. Gli ha fatto eco la sua fedelissima ministra della giustizia Pam Bondi, secondo cui i giudici d’appello “stanno interferendo con il ruolo vitale e costituzionalmente centrale del presidente in politica estera. Questa decisione è sbagliata e indebolisce gli Stati Uniti sulla scena mondiale”, ha scritto su X annunciando che il suo dipartimento farà appello “e continuerà a lottare per ripristinare la legittima autorità del presidente”.

La corte d’appello ha inferto un duro colpo a Trump, il primo inquilino della Casa Bianca ad utilizzare l’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa) del 1977 per imporre dazi, invocando gli squilibri commerciali, il declino del potere manifatturiero Usa e il flusso transfrontaliero di droga. “La legge – spiega la sentenza – conferisce al presidente un’autorità significativa per intraprendere una serie di azioni in risposta a un’emergenza nazionale dichiarata, ma nessuna di queste azioni include esplicitamente il potere di imporre tariffe, dazi o simili, o il potere di tassare.

Sembra improbabile che il Congresso, emanando l’Ieepa, intendesse discostarsi dalla sua prassi passata e concedere al presidente un’autorità illimitata per imporre dazi”, materia finora di competenza del parlamento. La sentenza riguarda i dazi imposti da aprile, esclusi quelli su acciaio, alluminio e auto decisi in base a una legge diversa. Se confermata, rischia di far saltare tutte le tariffe americane, negoziate o meno con accordi commerciali, costringendo gli Usa ad un rimborso astronomico che metterebbe a dura prova il Tesoro: a luglio le entrate derivanti dai dazi ammontavano a 159 miliardi di dollari.

L’amministrazione non ha alcuna garanzia di successo alla Corte suprema, nonostante la sua politicizzazione. Ci sono due sentenze contro di gradi diversi, e anche molti importanti avvocati o studiosi conservatori e libertari ritengono che i dazi siano illegali. Trump può confidare nelle obiezioni dei giudici d’appello dissenzienti (4 contro, 7 a favore).

In caso di debacle alla Corte suprema, invece, può usare leggi alternative, che comunque limiterebbero la velocità e la severità delle sue azioni. Ad esempio ha un potere più ridotto di imporre tariffe per affrontare i deficit commerciali ai sensi del Trade Act del 1974, che limita i dazi al 15% e a soli 150 giorni per i paesi con cui gli Stati Uniti registrano ingenti squilibri commerciali. L’amministrazione potrebbe anche invocare imposte ai sensi di una diversa autorità legale – la Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962 – come nel caso dei dazi su acciaio, alluminio e auto. Ma ciò richiede un’indagine del Dipartimento del Commercio e non può essere semplicemente imposto a discrezione del presidente.


Sandro Bennucci

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