Pace a Gaza: cosa prevede l’accordo. Trump vuole il Nobel e annuncia: “Ostaggi liberi lunedì”

WASHINGTON – Si dice che nei corridoi, a Oslo (Norvegia), dove si assegna il Nobel per la pace, ci sia grande fermento. Donald Trump è candidato a quello per la pace. Ma forse l’assegnazione slitterà al 2026. In ogni caso il suo annuncio su Gaza ha spiazzato, in senso favorevole, tutto il mondo. Il Tycoon è raggiante. Ha portato a casa nella serata americana, notte fonda in Italia di giovedì 9 ottobre 2025, l’accordo tra Israele e Hamas sulla prima fase del piano per la pace a Gaza.
“Gli ostaggi dovrebbero essere rilasciati lunedì o martedì”, annuncia ai suoi nel giorno della storica firma, mentre prepara la valigie per volare in Medio Oriente. In Israele e in Egitto, è l’ipotesi, dove rivendicherà il suo traguardo nella cerimonia ufficiale sull’intesa. Un traguardo che è stato proprio lui ad annunciare al mondo, con un post su Truth, preparato in anticipo per essere il primo a renderlo noto. Con la complicità del suo ministro degli Esteri, Marco Rubio, che poco prima gli aveva passato un ‘pizzino’ annunciandogli come l’accordo fosse ormai ‘vicinissimo’.
L’intesa, firmata venerdì a Sharm el Sheik dopo vari giorni di negoziati indiretti, mediati da Egitto, Qatar e Turchia con la supervisione Usa, è il colpo diplomatico più importante di The Donald, più forse degli accordi di Abramo del primo mandato che ora spera di allargare, presentandosi al mondo come peacemaker col sogno di vincere il Nobel e passare alla storia. “Abbiamo messo fine alla guerra, penso che porterà a una pace durevole”.
Un viaggio atteso per domenica e che dovrebbe includere anche Israele, dove potrebbe essere il primo presidente americano a parlare alla Knesset. L’invito è arrivato dal premier Benjamin Netanyahu nella loro telefonata dopo la svolta diplomatica. Una conversazione “molto emozionante e calorosa”, ha riferito Bibi, aggiungendosi nuovamente poi al crescente coro di voci (Nyt compreso) per assegnare a Trump il tanto agognato Nobel per la pace. Forse sarà solo per il prossimo anno, se l’accordo tiene e verrà implementato nella seconda e più difficile fase in tutti i suoi 20 punti: dal disarmo di Hamas alla ricostruzione e alla governance di Gaza, dal ritiro completo dell’Idf dalla Striscia all’insediamento di una forza di pace internazionale (probabilmente sotto egida Onu).
Tutti aspetti postbellici esaminati dai ministri degli Esteri di Paesi occidentali (Tajani per l’Italia) e arabi in un vertice a Parigi, da dove Emmanuel Macron ha messo in guardia contro l’accelerazione della colonizzazione della Cisgiordania, “una minaccia esistenziale per lo Stato di Palestina” e “contraria non solo al diritto internazionale ma anche al piano americano”. Ma sulla soluzione dei due Stati per ora Trump rimane vago: “Non ho un’opinione precisa, mi atterrò a ciò che concordano”.
L’Egitto, intanto, si prepara ad ospitare una conferenza sul futuro della causa palestinese, mentre i ricchi Paesi arabi parteciperanno alla ricostruzione di Gaza, come ha annunciato il tycoon, ringraziando nuovamente i leader di Qatar, Egitto e Turchia e sottolineando in particolare il ruolo “grandioso” di Erdogan nella mediazione con Hamas. Trump si è detto pronto anche a collaborare con l’Iran (Paese che sostiene i miliziani palestinesi) dopo che Teheran ha riconosciuto di essere a favore dell’accordo di pace, sostenuto anche da Vladimir Putin. Ora tutta l’attenzione è puntata sullo scambio dei prigionieri: da un lato i 48 ostaggi israeliani, di cui 20 vivi, e dall’altro 1.950 palestinesi detenuti, tra i quali 250 ergastolani. Israele però ha messo il veto su Marwan Barghouti e Ahmad Saadat.
Saranno restituiti anche i corpi di 360 miliziani di Hamas, ma non quelli dei fratelli Yahya e Mohammed Sinwar. Il governo di Tel Aviv ha spiegato che il cessate il fuoco entrerà in vigore entro 24 ore dalla riunione – giovedì – del governo per la ratifica dell’accordo, con il preannunciato voto contrario dei ministri delle Finanze Bezalel Smotrich, e della sicurezza interna Itamar Ben Gvir, entrambi ultranazionalisti di estrema destra.
L’Idf si ritirerà sulla linea gialla e, nel giro delle successive 72 ore, tutti gli ostaggi saranno rilasciati e riportati in Israele, quindi non prima di lunedì. L’esercito israeliano manterrà comunque il controllo di circa il 53% del territorio di Gaza, ha precisato la portavoce del governo. L’ottimismo è diffuso in tutta la comunità internazionale, come la gioia esplosa tra i residenti della Striscia e gli israeliani, a partire dalle famiglie degli ostaggi. E Trump gongola all’idea di riuscire dove finora non era riuscito nessun presidente americano.
IL PIANO DI PACE
La prima fase del piano per la pace a Gaza, su cui nella notte è stato raggiunto l’accordo tra Israele e Hamas a Sharm el Sheik, prevede il cessate il fuoco immediato, con un ritiro graduale dell’Idf dalla Striscia, e il rilascio degli ostaggi in cambio della liberazione dei prigionieri palestinesi, oltre a un corridoio di aiuti umanitari.
Gli altri punti chiave del piano Trump – dal disarmo di Hamas alla governance del dopo guerra – saranno invece affrontati nei prossimi round negoziali.
Ecco, in sintesi, i punti dell’intesa raggiunta e i nodi da sciogliere nel prossimo futuro:
CESSATE IL FUOCO
“Totale e immediato”, è atteso scattare appena il governo Netanyahu, che si riunirà nel pomeriggio, ratificherà l’intesa raggiunta in Egitto. “Entro 24 ore dalla riunione del Consiglio dei Ministri, entrerà in vigore un cessate il fuoco a Gaza”, ha spiegato la portavoce del governo israeliano.
OSTAGGI
Entro 72 ore dalla ratifica dell’accordo saranno rilasciati gli ostaggi ancora in vita (si stima siano 20) e liberati quasi 2mila prigionieri palestinesi (250 con condanna all’ergastolo). La lista di questi ultimi non è ancora nota e non è sciolto il nodo di personaggi di rango come Marwan Barghouti, anche se fonti palestinesi hanno riferito che Israele si sarebbe rifiutato di inserirlo tra coloro da liberare.
RITIRO DELL’IDF
Dovrebbe avvenire nelle 24 ore successive all’accordo. Le forze israeliane, secondo le mappe disegnate dal piano Trump, dovrebbe indietreggiare gradualmente dietro la ‘linea gialla’ (da 1,5 km a oltre 5 km dentro il confine della Striscia a seconda della profondità delle zone di Gaza). Previsto il ritiro da Gaza City e dalle altre città, fatta eccezione per Rafah che Israele ritiene punto di ingresso di armi per Hamas. L’esercito israeliano manterrà il controllo di circa il 53% del territorio di Gaza, ha detto la portavoce del governo.
CORRIDOIO UMANITARIO
– Previsto l’ingresso di almeno 400 camion di aiuti al giorno nella fase iniziale.
I NODI DEI PROSSIMI NEGOZIATI
I colloqui per la seconda fase dell’accordo dovranno sciogliere diversi punti cruciali. Oltre ad un ulteriore ritiro dell’Idf dietro la ‘linea rossa’ (più esterna di quella ‘gialla’) c’è l’istituzione di una “zona cuscinetto” lungo il confine tra la Striscia e Israele. Il piano Trump, presentato in venti punti, prevede poi nella seconda fase anche la creazione di un’amministrazione provvisoria internazionale a guida Usa, con la partecipazione di Paesi arabi e dell’ex premier Gb Tony Blair. E’ prevista inoltre l’istituzione di una Forza internazionale di stabilizzazione (Isf), con partner arabi e internazionali, da dispiegare “immediatamente” a Gaza.
IL DOPO GUERRA
L’obiettivo finale è stabilizzare la Striscia, in vista anche di un eventuale futuro Stato Palestinese su cui resta il secco ‘no’ di Israele. Hamas, che ha bocciato qualsiasi amministrazione straniera o occidentale, sarebbe invece aperto ad un governo tecnico palestinese “sotto l’egida dell’Anp”, garantito dai Paesi arabi e musulmani.
