Ucraina: prove di disgelo Usa-Ue. Il piano di Trump (che la Russia giudica “timido”)

BRUXELLES – Prove di disgelo Europa-Usa. I leader di Francia, Gran Bretagna e Germania – Macron, Starmer e Merz – hanno parlato al telefono per 40 minuti con Trump ‘per cercare di fare progressi’ sulla pace in Ucraina, ha riferito l’Eliseo all’Afp.
Mosca intanto infierisce sulle divisioni dell’Occidente: ‘Trump è in linea con noi, l’unico a capire la guerra. Le elezioni di Kiev un teatro delle marionette. Risponderemo alla truppe europee in Ucraina’. Attesa per l’invio del piano di Zelensky agli Usa.
“Ho parlato con il Presidente della Finlandia, il nostro coordinamento con Alexander Stubb è praticamente quotidiano. Sono grato per la seria attenzione alle questioni di sicurezza e per gli sforzi per avvicinare la pace. Ogni giorno è importante, perché aggiunge nuovi elementi al nostro lavoro congiunto con gli Stati Uniti, l’Europa e i nostri amici del G7. Il ritmo è molto veloce, ci sono molte buone idee e dobbiamo garantire che la pace che raggiungeremo sia davvero duratura”. Lo scrive su X il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
In Italia, la Lega frena sul nuovo decreto per le armi a Kiev: ‘Meglio aspettare il negoziato’, dice il capogruppo Romeo.
Mentre Conte divide il campo largo: ‘L’Europa ha fallito, sull’Ucraina tratti solo Trump’. I riformisti dem incalzano Schlein e attaccano: ‘Parla come Vannacci’.
DRONI UCRAINI – I droni navali dei servizi ucraini hanno colpito la petroliera russa Dashan della flotta ombra russa nel Mar Nero. Lo rivela Ukrainska Pravda. L’imbarcazione, battente bandiera delle Comore, si stava muovendo nella zona economica esclusiva dell’Ucraina, in direzione del terminal portuale di Novorossijsk. Viaggiava alla massima velocità con il transponder spento.
PIANO DI PACE – L’Ucraina una nazione sovrana, con i suoi confini protetti da garanzie di sicurezza internazionali, parte dell’Unione Europea e impegnata a ricostruire la propria economia grazie a grandi investimenti degli Stati Uniti e dell’Europa. E’ il tipo di accordo che sembra avvicinarsi, secondo l’autorevole opinionista del Washington Post David Ignatius, che cita come fonti funzionari americani, ucraini ed europei.
Il pacchetto negoziale, secondo una delle fonti, comprende tre documenti: il piano di pace, le garanzie di sicurezza e un piano di ripresa economica. I colloqui sono ben lontani dall’essere conclusi, con l’Ucraina e i suoi sostenitori europei che prevedono di diffondere un insieme congiunto di emendamenti mercoledì, scrive Ignatius, elencando però alcune idee esplorate. Una di queste è che l’Ucraina entrerebbe nell’Unione Europea già nel 2027. Questa rapida adesione preoccupa alcune potenze dell’UE. Ma l’amministrazione Trump pensa di poter superare l’opposizione dell’Ungheria, il maggiore oppositore di Kiev nell’Ue. L’adesione favorirebbe il commercio e gli investimenti. Ma forse più importante, costringerebbe l’Ucraina a controllare la sua perniciosa cultura della corruzione nelle imprese statali.
Tra gli altri punti, gli Stati Uniti fornirebbero garanzie di sicurezza “simili all’Articolo 5” della Nato per proteggere l’Ucraina qualora la Russia violasse il patto. L’Ucraina vuole che gli Stati Uniti firmino un accordo del genere e che il Congresso lo ratifichi; le nazioni europee firmerebbero garanzie separate. La sovranità dell’Ucraina sarebbe protetta da qualsiasi veto russo. Ma i negoziatori sembrano ancora lottare con questioni delicate come i limiti all’esercito ucraino. Si parla di aumentare la proposta iniziale statunitense di un esercito da 600.000 soldati a 800.000, che è comunque all’incirca la dimensione che l’Ucraina avrebbe dopo la guerra.
Ma Kiev rifiuta qualsiasi limite costituzionale formale, come richiesto dalla Russia. Qualunque sia la dimensione nominale dell’esercito, potrebbero esserci forze supplementari come la guardia nazionale o altre unità di supporto. Una zona demilitarizzata (Dmz) sarebbe istituita lungo l’intera linea del cessate il fuoco, dalla provincia di Donetsk a nord-est fino alle città di Zaporizhzhia e Kherson a sud. Dietro questa Dmz ci sarebbe una zona più profonda in cui sarebbero esclusi armamenti pesanti. Questa linea sarebbe strettamente monitorata, sul modello della Dmz che divide Corea del Nord e Corea del Sud. Gli “scambi di territori” sono una parte inevitabile dell’accordo, ma Ucraina e Stati Uniti stanno ancora discutendo su come tracciare le linee.
La Russia pretende che l’Ucraina ceda circa il 25% della regione di Donetsk che ancora controlla; il team di Trump sostiene che l’Ucraina rischia di perdere gran parte di quell’area in battaglia nei prossimi sei mesi e dovrebbe quindi fare concessioni ora per evitare ulteriori vittime. I negoziatori statunitensi hanno cercato varie formule per rendere questa concessione più accettabile per Zelensky. Una proposta prevede che la zona di ritiro sia demilitarizzata. Zelensky ha ribadito lunedì di non avere “alcun diritto legale” di cedere territorio alla Russia.
Un modo per aggirare il problema è il modello coreano: ancora oggi la Corea del Sud rivendica il diritto sull’intera penisola, così come fa la Corea del Nord. La centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, non sarebbe più sotto occupazione russa. I negoziatori stanno discutendo la possibilità che gli Stati Uniti possano assumere la gestione dell’impianto. Per quanto possa sembrare strano, l’idea piace a diversi funzionari ucraini perché fornirebbe una sorta di deterrente americano contro nuove aggressioni russe.
ASSET RUSSI – L’Ue vuole approvare già questa settimana, e quindi prima del summit europeo del 18-19 dicembre, una decisione per immobilizzare definitivamente fino a 210 miliardi di euro di asset sovrani russi, superando quindi il rinnovo ogni sei mesi del regime sanzionatorio. Lo riporta il Financial Times segnalando che la mossa mira a bypassare le minacce del premier ungherese Victor Orban di porre il veto sul rinnovo delle sanzioni. Per la decisione verrebbe usato l’articolo 122 del Trattato che permette di approvare misure di emergenza economica a maggioranza qualificata, non all’unanimità.
Il tentativo rapido di approvare la legislazione, che invoca poteri di emergenza per scavalcare i veti nazionali sull’estensione delle sanzioni, secondo il quotidiano della City punta a proteggere la leva negoziale di Bruxelles nei colloqui di pace guidati dagli Stati Uniti sulla guerra in Ucraina, secondo funzionari a conoscenza dei piani.
I diplomatici che seguono il dossier ritengono vantaggioso agire rapidamente nei prossimi giorni per separare la controversa questione dell’immobilizzazione degli asset dal dibattito sui prestiti da concedere a Kiev, garantiti dai fondi russi congelati. La questione del finanziamento sarà invece lasciata ai leader dell’Ue la prossima settimana.
La decisione di votare già nei prossimi giorni, sottolinea l’Ft, rischia di far infuriare l’Ungheria e altri Paesi che si oppongono alla misura. In passato, casi in cui alcuni Stati membri dell’Ue hanno votato a maggioranza su temi critici, come Polonia e Ungheria nel caso della politica migratoria, hanno alimentato tensioni tra le capitali per anni.
La Commissione Ue ha proposto la scorsa settimana di utilizzare 210 miliardi di euro di asset esteri russi immobilizzati nell’Ue nell’ambito delle sanzioni per finanziare un prestito all’Ucraina, inizialmente pari a 90 miliardi da erogare nei prossimi due anni. Il meccanismo richiede che gli asset sottostanti siano immobilizzati a tempo indeterminato, e non più solo per sei mesi, come nell’attuale regime sanzionatorio rinnovato di volta in volta a 27.
BELGIO – Il primo ministro Bart De Wever ha avvertito che il Belgio non esclude ricorsi legali se costretto ad accettare l’utilizzo dell’articolo 122 del Trattato, con una decisione Ue a maggioranza qualificata e non all’unanimità, per finanziare il prestito di riparazione all’Ucraina basato sugli asset sovrani russi.
