Skip to main content

Manovra: il governo pone la fiducia. Stretta sui lavoratori sottopagati. Verso il sì fra le polemiche

L’Aula del Senato (foto Governo.it)

ROMA – Il governo, con il ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha posto al Senato la questione di fiducia sul maxiemendamento alla manovra che sarà votata martedì 23 dicembre 2025 al Senato e che dovrà essere approvata entro il 31 dicembre dalla Camera.

Così, dopo giorni di caos, la manovra approda in Aula a ridosso di Natale ma si accende – inevitabile – una nuova polemica per la norma inserita all’ultimo momento. Quale? Una non banale: saranno inferiori le difese per i lavoratori sottopagati. Non basterà più, infatti, vincere un ricorso davanti al giudice per vedersi riconoscere gli arretrati. Le opposizioni, compatte, attaccano governo e maggioranza: il Pd, M5s, Avs vogliono lo stralcio. “Anticostituzionale, vergognosa, una vigliaccata”, dichiarano i leader. La Cgil vede un altro, ennesimo, “attacco” ai diritti.

Una misura che certo fa discutere ma che non cambia il punto di vista del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: non fa fatica a riconoscere il “percorso tortuoso” della legge di Bilancio ma “l’importante e arrivare in vetta, non c’è un’altra strada”, dice parlando a Palazzo Madama. Da qui la soddisfazione e non solo per la manovra 2026 ma per tutto il lavoro fatto, che rivendica e difende in Aula davanti ai senatori:

“La nostra prudenza non è affatto stagnante e della nostra prudenza beneficeranno i governi del futuro, anche – chiosa rivolgendosi alle opposizioni – i vostri”. Forse tutto ciò non passerà alla storia, si schermisce, ma “grazie a questo tipo di politica l’Italia si presenta a testa alta in Europa e nel mondo”. Gli interventi sui lavoratori, la tassa sui pacchi, la spinta alla previdenza complementare: il titolare del Tesoro spiega nel merito le ragioni delle scelte compiute, che spesso sono – secondo la sua lettura -dettate da lungimiranza. E se è vero che gli equilibri in Parlamento e fra Parlamento e governo sono mutati, è anche vero che altri grandi Paesi europei mostrano di non essere in grado di approvare i rispettivi bilanci. L’Italia, invece, lo fa. O, meglio, lo sta per fare.

Certo il ministro riconosce alcune criticità come quelle che toccano l’architettura istituzionale: “c’è un monocameralismo che constatiamo da diversi anni: questo dovrebbe interrogare tutti noi su come le democrazie parlamentari dovrebbero aggiornarsi per essere al passo coi tempi”, osserva. Parole che arrivano dopo toni accesi e grandi distanze rimarcate non solo dai partiti avversari al governo ma anche all’interno della maggioranza.

Che nelle convulse giornate a Palazzo Madama – dove la manovra si avvia a essere approvata – hanno visto una andirivieni di misure e numerose riscritture, a partire dalle pensioni. Poi certo ci sono state anche battaglie condivise fra i partiti alleati alla guida del Paese, come quelle che hanno puntato ad rafforzare il raggio di azione degli interventi sulla casa e la scuola. E proprio fra le novità più inaspettate nella volata finale la maggioranza ha, ad esempio, trovato l’intesa e le risorse per far salire fino a 200mila euro il valore catastale della prima abitazione ai fine Isee.

Con le opposizioni, come è in gran parte normale che sia, di intese neanche l’ombra. Il Pd fino all’ultimo stigmatizza le lentezze del Tesoro, in commissione prima e in Aula poi: a meno di 24 ore dal voto finale con tanto di fiducia in Senato – evidenzia il capogruppo Dem Francesco Boccia – non c’è traccia del maxiemendamento.

E poi ci sta il merito. A fare polemica, nelle ultime ore, l’intervento che introduce lo spoil system per le Authority e anche il “blitz che reintroduce la caccia selvaggia”. Le opposizioni puntano però i riflettori in particolare sulla stretta sui lavoratori che era già stata “sventata” qualche mese fa grazie a una “battaglia estiva”. Per Giuseppe Conte quindi è chiaro che il governo, questa volta, per farla passare abbia, al contempo, “sfruttato il favore delle tenebre” e i litigi interni alla maggioranza. Sotto attacco finisce così ancora una volta “la magistratura che impone il rispetto dell’articolo 36 della Costituzione. Ovvero che il salario di chi lavora deve essere equo e dignitoso. E’ un vero e proprio colpo di mano”, le parole di Schlein.

Ad oggi, spiegano dal sindacato, “se un lavoratore vince un ricorso davanti al giudice ha diritto al riconoscimento di tutti i crediti retributivi maturati prima della presentazione del ricorso e l’azienda ha il dovere di pagare le differenze. La modifica voluta dall’esecutivo, dunque, è una norma incostituzionale. Noi la impugneremo, ne chiediamo immediatamente il ritiro”, assicura il leader Cgil Maurizio Landini.

Entro il 31 dicembre deve avvenire l’approvazione definitiva della manovra, altrimenti scatta l’esercizio provvisorio, una condizione che il Governo punta chiaramente ad evitare.


Sandro Bennucci

Direttore del Firenze Post Scrivi al Direttore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Firenze Post è una testata on line edita da C.A.T. - Confesercenti Toscana S.R.L.
Registro Operatori della Comunicazione n° 39741
Firenzepost small logo