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Corte d’Appello di Firenze: negato a una vedova l’uso del seme del marito defunto

Toghe

Il seme del marito defunto non può essere usato della vedova per procreare. Nonostante che ciò fosse stato scritto nel testamento. E’ questa, in sintesi, la sentenza della Corte d’Appello di Firenze su un caso di procreazione medicalmente assistita, o Pma, post mortem. L’istanza della donna è stata quindi respinta e il liquido seminale si avvia verso la distruzione, salvo diverse conclusioni di un eventuale ricorso in Cassazione.

Lo rivela il Corriere Fiorentino: la donna, residente a Firenze, già nel 2021 aveva chiesto al Tribunale la consegna del seme crio-conservato del marito deceduto, per evitarne la distruzione, ma le era stata negata. Il campione biologico era stato depositato presso una struttura dall’uomo perché temeva di perdere la vita o, se fosse sopravvissuto alle terapie per una neoplasia che doveva iniziare a curare, la fertilità. L’uomo non è sopravvissuto al tumore.

Nel testamento olografo aveva autorizzato la propria compagna al ritiro del campione di liquido seminale “al fine di poter realizzare il nostro sogno di procreare un nostro bambino, anche se io venissi a mancare”, come si legge nella sentenza di secondo grado che ha confermato il precedente verdetto. Il liquido seminale non può essere consegnato e come da documentazione firmata all’epoca dall’uomo, va quindi distrutto.

Anche per la Corte d’Appello fiorentina le disposizioni testamentarie sono nulle “perché contrarie all’ordine pubblico” in quanto in Italia la Pma post mortem non è consentita, nemmeno in caso di accordo tra le parti, ma è possibile solo se entrambi i partner sono in vita e l’uomo è a rischio infertilità. Per i giudici anche se la legge in materia di Pma vieta l’utilizzo del seme crio-conservato post mortem per procreare e non vieta espressamente la consegna del liquido seminale, proprio il testamento fuga ogni dubbio sull’utilizzo.

“Nel caso specifico – scrivono i giudici nella sentenza – il campione di seme maschile umano crio-conservato era stato depositato per consentire la procreazione, nell’eventualità di futura sterilità del depositante e la stessa disposizione testamentaria aveva fatto esplicito riferimento al concepimento di un figlio dopo la sua morte”.

Il rischio, quindi, per i giudici fiorentini di ricevere in consegna dalla struttura sanitaria il liquido seminale per andare in altri Paesi dove la Pma post mortem è consentita, è troppo alto, e aggirerebbe una legge dello Stato. Questo il ragionamento seguito dalla corte d’Appello che in sentenza ha citato espressamente alcune decisioni della Cassazione in casi analoghi.

“Né – si legge ancora nella sentenza – si può ritenere che la donna possa comunque ottenere il campione per farne un diverso utilizzo, ad esempio per destinare i gameti alla ricerca, come reliquia del defunto o altro, quand’anche lecito, in assenza di un ulteriore e specifico consenso da parte dell’interessato, deceduto, trattandosi di fini diversi da quelli per cui i gameti erano stati crioconservati”.


Gilda Giusti

Redazione Firenze Post

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