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Referendum: si voterà il 27 novembre (è quasi certo). Probabile rinvio della seduta della Consulta

referendum_elezioni_schedaR439_thumb400x275ROMA – Matteo Renzi avrebbe deciso: il referendum istituzionale sarà quasi certamente il 27 novembre. Frenando il pressing di alcuni dei suoi, che spingevano per votare il prima possibile, e ascoltando la moral suasion di vari interlocutori istituzionali, Colle incluso, per mettere prima in sicurezza la legge di bilancio in almeno una delle due Camere, il premier, nel consiglio dei ministri del 26 settembre, fisserà la data attesa dai due fronti per dare il via alla battaglia sulla Costituzione. Indicando nel 26 settembre la riunione del consiglio dei ministri, il premier ha di fatto ristretto la forbice dei giorni, con l”obiettivo di stoppare il tormentone su quando si voterà. Secondo la legge, infatti, il decreto che indice il referendum indica un tempo tra i 50 e 70 giorni per fissare le urne. Le domeniche possibili, calendario alla mano, sono il 20, il 27 novembre ed il 4 dicembre. Ma, secondo quanto riferiscono più fonti parlamentari, si è già deciso per il 27: “Alla Camera un mese di tempo basta per esaminare ed approvare la legge di bilancio, se volessimo approvarla anche in commissione al Senato, il referendum andrebbe troppo a ridosso del Natale, quindi il 20 novembre possiamo chiudere la manovra a Montecitorio e concedere anche una settimana alla campagna referendaria”.

La data del referendum, però, non è solo un rovello per addetti ai lavori. Perchè incrocia un altro verdetto molto atteso dalla politica: il pronunciamento della Corte Costituzionale sui ricorsi contro l’Italicum. La data dell’udienza è fissata il 4 ottobre e, a quanto si apprende, dovrebbe essere confermata. Il governo si guarda bene dal lasciar trapelare qualsiasi desiderata che potrebbe apparire come un”ingerenza nelle scelte dei giudici. Ma fonti di maggioranza osservano la sensatezza delle tesi del ”partito del rinvio” della decisione a dopo il referendum. “L’Italicum è un sistema pensato con una sola Camera legiferante, quindi i ricorsi sarebbero ammissibili e valutabili dopo il referendum che ridisegna il bicameralismo e quindi rende applicabile la legge elettorale”, spiega un dirigente dem.

Al di là di valutazioni di opportunità politica, cioè non impattare su una campagna referendaria che divide i partiti, dunque, sostengono le stesse fonti, i giudici della Consulta potrebbero ritenere opportuno prendere una decisione alla luce dell’esito del referendum quando il quadro normativo sarà chiaro. Un timing di questo tipo consentirebbe al governo di consultare senza fretta le forze politiche per concordare modifiche all’Italicum. “Tanto la minoranza dem ha già deciso che voterà no, iniziative strumentali, come la mozione di Sel, non aiutano a fare reali passi avanti”, spiegano ai vertici del Pd che guardano con un certo fastidio al voto parlamentare della prossima settimana.

Decidere, non decidere. Per lo meno non subito. E’ il dilemma che l’Italicum pone alla Consulta. Se ne discute da giorni, tra i membri della Corte e in conciliaboli a porte chiuse tra giuristi. Una decisione definitiva non c’è ancora: lo confermano diverse fonti. Ma si individuano due ”blocchi”, sebbene non proprio granitici: quello costituito dai giudici provenienti dalle supreme magistrature – in cui ci sono Criscuolo, Lattanzi, Carosi, Morelli, Coraggio – scettico sulla bontà integrale dell’Italicum e sul rinvio dell’esame a dopo il referendum; quello dei giudici provenienti dal mondo accademico – che annovera tra Amato, Barbera, lo stesso Zanon, relatore della causa, Cartabia, Sciarra, De Pretis – spostato in direzione opposta, anche se non mancano gli incerti. Un docente di storia del diritto, del resto, è anche il presidente Grossi, che per ora ha sempre tenuta ferma la data del 4 ottobre per l”udienza. E d’altra parte un’eventuale rinvio dell”esame sarà deciso formalmente in quella sede. Metà gennaio appare il termine più probabile per uno slittamento dell”esame, anche perché questo metterebbe un freno a eventuali dinamiche elettorali in caso di vittoria del sì al referendum.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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