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Leonard Bundu

Bundu, il pugile fiorentino all’anticamera del mondiale

Leonard Bundu
Leonard Bundu, campione europeo dei pesi welter

“Non si dice auguri a uno sportivo, non porta bene. Caso mai in bocca al lupo”. Sorride il pugile fiorentino Leonard Bundu, campione europeo dei pesi welter, quando gli amici gli si fanno vicino per chiedergli autografi. E’ alla presentazione del libro “In viaggio con Leo”, la storia delle sue passioni e dei suoi incontri sportivi in tutta Italia raccolta dal giornalista Massimo Capitani.

Tra un paio di settimane, il 6 aprile, Bundu dovrà difendere il titolo a Roma contro il polacco Rafal Jackiewicz, che tenta di riconquistare quel podio che un tempo gli apparteneva. Ma se vincerà Bundu, per lui la prossima mèta dovrebbe essere il titolo mondiale. Ma, da perfetto scaramantico, non ne vuole parlare.

Leonard ha 38 anni, padre della Sierra Leone e madre fiorentina. Fino a sedici anni fa la spola tra l’Africa e Firenze, poi si ferma. “E’ iniziata qui la mia passione per il pugilato. Quasi per scherzo, poi è diventata la mia carriera”. Comincia a frequentare l’Accademia pugilistica fiorentina al Campo di Marte: “Quando il maestro Alessandro Boncinelli mi ha messo gli occhi addosso ho trovato la forza e la volontà di andare avanti, grazie al suo aiuto”.

“La boxe – racconta Leonard – un tempo era uno sport molto seguito. C’erano campioni come Nino Benvenuti, Duilio Loi, Sandro Mazzinghi. Poi un periodo di buio”. La boxe era diventata uno sport minore. “Ma ora le cose stanno riprendendo poco a poco, abbiamo avuto tre medaglie alle olimpiadi. Ci sono ottimi ragazzi che la stanno riportando in alto”.

Per molti però resta sempre una disciplina violenta. “E’ vero, continuiamo a tirare cazzotti – dice ancora con un sorriso – ma questo è uno sport che ha una disciplina, un valore. È una scuola di vita, perché riesce a tirar fuori un ragazzo, a indirizzarlo, a fargli capire i valori della vita”.

“I giovani di oggi devono capire – aggiunge questa volta senza sorridere – che se nella vita vuoi ottenere qualcosa devi sacrificarti, lavorare duro. Come andare in palestra, sopportare gli allenamenti duri, confrontarsi con gli altri. Non con un avversario qualsiasi ma contro uno che è equiparato a te, per vedere di costruire qualcosa insieme”.

Prima di essere ripreso dai suoi sostenitori, ancora un pensiero alla palestra: “Un tempo eravamo al massimo una ventina ad allenarci. Ora quasi non ci entriamo più da quanti siamo. È un buon segnale anche questo”.


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Sandro Addario

Giornalista

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