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Guerra nel deserto della Libia

Arriva la pensione di guerra, 71 anni dopo

Guerra nel deserto della Libia
Guerra nel deserto della Libia

GROSSETO – Settantuno anni per vedersi riconoscere una pensione di guerra. Adesso la Corte dei conti di Firenze ha deciso che Alessandro Norcini, fante nella campagna di Libia del 1941, ha diritto a quell’indennizzo che al momento della richiesta gli era stato negato. Peccato che la sentenza arrivi solo dopo 23 anni dalla sua morte. La decisione della magistratura contabile è stata accolta con soddisfazione da parte dei familiari, anche se con un po’ di amarezza «visto i tempi che ci sono voluti per ottenere un diritto che in altri casi veniva accordato in tempi più brevi – commenta uno dei figli – e se la decisione fosse arrivata prima avrebbe potuto permettere un’esistenza migliore a tutti in famiglia».

La storia di Alessandro Norcini soldato, classe 1910, nato a Bibbiena, in provincia di Arezzo, inizia nel dicembre del 1941, quando venne inviato al fronte in Libia, lasciando a casa, a Scansano in provincia di Grosseto dove si era trasferito una decina di anni prima, la moglie e un figlio in arrivo. Trascorsero pochi mesi, quando a causa della sabbia del deserto, di un’insolazione e di un’infezione virale contrasse una grave malattia agli occhi. Da allora in poi la sua vita non fu come prima. «Mio nonno Alessandro – racconta il nipote adesso quasi cinquantenne – era sempre costretto a fare uso di colliri e aveva riportato gravi conseguenze anche al visus. Tuttavia, al suo ritorno a casa, dovette rimboccarsi le maniche e mandare avanti una famiglia con una moglie e due figli». Invano aveva chiesto una pensione di guerra. Nel 1969 decise di fare ricorso e chiedere di nuovo il riconoscimento della pensione. «Sole, vento e sabbia mi hanno rovinato» scriveva allora l’ex fante Norcini, in una memoria presentata ai giudici.

«La permanenza sul fronte libico – riferiscono gli avvocati Giandomenico Daniele di Lecce e Valerio Piraino di Firenze, che hanno patrocinato la causa – gli provocò, probabilmente per un’infezione virale contratta nelle trincee, una paralisi facciale, lacrimazione continua e un’alterazione del ‘visus’. Condizioni fisiche che peggiorarono nettamente nei decenni successivi. Abbiamo dimostrato il nesso causale tra le condizioni di vita al fronte e le patologie di Norcini, anche in base a documenti degli ospedali militari di Bengasi e Firenze». Il ricorso venne portato avanti dallo stesso ex soldato e, dopo la sua morte, dal figlio, fino alla sentenza della Corte dei Conti diventata definitiva in questi giorni.

In un referto steso all’epoca dai medici militari di stanza a Bengasi, e risalente al febbraio 1942, si definiva il fante toscano idoneo a svolgere solo servizi sedentari. Norcini era stato inviato al fronte appena nel dicembre 1941 fu in quel breve lasso di tempo in cui rimase in servizio, che contrasse le sue patologie croniche. La Corte dei Conti, riconoscendo che le invalidità del fante furono dovute alle privazioni e alle caratteristiche del fronte di guerra. I magistrati contabili hanno stabilito che gli eredi hanno diritto ad accedere «dal 1942 al trattamento pensionistico di guerra di VII^ categoria sino al decesso», «comprensivo di interessi e rivalutazione». Il conteggio esatto sarà fatto in sede di giudizio di ottemperanza.

[M.N.]

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