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Stragi ’93, le pagine dell’inchiesta si sfaldano in archivio

La strage dei Georgofili del 27 maggio '93
La strage dei Georgofili del 27 maggio ’93

FIRENZE – Sarebbero una montagna le carte da digitalizzare per evitare che i fogli dell’inchiesta, ingialliti dal tempo, si disfacessero completamente. Un milione e 300.000 fogli che compongono la matrice originale, e storica, dell’inchiesta della Procura di Firenze sulle stragi di mafia del 1993. Un progetto per la scannerizzazione e digitalizzazione informatica di queste pagine da parte di detenuti in Toscana è stato proposto al ministero della Giustizia dalla procura distrettuale antimafia di Firenze in collaborazione col provveditorato regionale per la Toscana dell’amministrazione penitenziaria e col tribunale di sorveglianza.

Riusciranno i nostri eroi statali a non far marcire la memoria cartacea dei più efferati attentati che Cosa Nostra ha perpetrato nei confronti dello Stato italiano?

«Sono pagine che racchiudono una parte di storia tragica del Paese che rischiano di  andare perduti o comunque alterati, storia di una vicenda terribile su cui il Paese si è misurato e deve ancora misurarsi -ha spiegato il Procuratore Giuseppe Quattrocchi– Per salvare questo materiale, abbiamo in progetto di affidare a detenuti l’archiviazione digitale». A rischio ci sono gli atti originali di magistrati come Vigna, Fleury, Chelazzi, Nicolosi, Grasso, Crini, Quattrocchi, stilati durante 20 anni di indagini. Ci sono le prime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, a cominciare da Brusca, fino a Spatuzza. Ci sono le note originali delle questure e dei carabinieri scritte a macchina.

Il Procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi
Il Procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi

«E’ un pezzo di storia d’Italia che non può andare perduto» ha spiegato Quattrocchi ribadendo che sulle stragi «c’è da indagare ancora a fondo, ci hanno lavorato e ci stanno lavorando anche altre procure, in particolare Caltanissetta e Palermo, per risalire a responsabilità concorrenti, sia sul piano materiale, morale e comunque di complicità, a quelle di quanti sono stati già individuati come colpevoli».

Nell’archivio la carta delle macchine per scrivere sta sfaldandosi, l’inchiostro si sta sgranando, polverizzando rischiando di disperdere parole e frasi decisive sia per le inchieste svolte, sia per i riscontri che tuttora magistrati inquirenti di altre procure e della polizia giudiziaria stanno facendo in delicate e attuali indagini antimafia.

Secondo il progetto «Digitajust», i detenuti chiamati a digitalizzare e indicizzare questa mole di documenti agiranno affiancati da una squadra di ufficiali di polizia giudiziaria, scelti tra quanti si sono occupati delle indagini sulle stragi mafiose e quindi in grado di conoscere anche nel dettaglio i documenti da salvare. Il progetto, che prevede compensi ai detenuti impegnati nella scannerizzazione, costerebbe, secondo una stima dell’amministrazione penitenziaria circa 360.000 euro.

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