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Il tartufo bianco di San Miniato

Il tartufo di San Miniato sulle tavole degli arabi

Il tartufo bianco di San Miniato
Il tartufo bianco di San Miniato

SAN MINIATO (PI) – Il profumo del tartufo bianco di San Miniato (Pisa) arriva fin nei Paesi del Golfo. E’ l’ultima frontiera del lusso nei Paesi che si affacciano sul mar d’Arabia e sul Persico. Lo dimostra la prossima 43esima mostra mercato nazionale del tartufo bianco di San Miniato che si terrà a novembre su tre week end (9-10, 16-17 e 23-24). Tra le decine di iniziative, manifestazioni enogastronomiche e culturali, ci sarà anche il Kuwait.

«Il 9 novembre –annuncia il presidente della Fondazione San Miniato Promozione, Delio Fiordispina- alla presenza dell’ambasciatore del Kuwait presso la Fao, Yousef Juhail, tra gli stand del centro storico sarà inaugurata una mostra dal titolo ‘Il Kuwait dalla vela al petrolio’. Un modo per farsi conoscere, ma anche per seguire meglio la produzione di un prodotto di punta italiano che vanta una lunga storia».

Tracce di tartufo si ritrovano sin dall’antichità in molti Paesi del Mediterraneo. Dalla Cirenaica, dove era denominato terfezia, alla Mesopotamia. Ricercato e pagato a peso d’oro da ricchi e nobili romani, il prezioso tubero veniva chiamato «funus agens» (portatore di morte), perché se mangiato in massicce quantità poteva provocare indigestioni mortali. Prodotto molto ambito anche dalle corti italiane e europee lungo i secoli, da Luigi XVI a Talleyrand, da Rossini a Verdi che ne erano grandi estimatori, nel XXI secolo il prezioso tubero entra a fare parte dei must have anche tra i Paesi del Golfo.

Il tartufo bianco pregiato di San Miniato viene prodotto tra gli 80 e i 100 quintali annui e viene raccolto in un’area che comprende 32 comuni nelle province di Pisa e Firenze. Circa il 20-25% della produzione nazionale di tartufo bianco pregiato. Un mercato che va tutelato dalle frodi. «Il tartufo non ha tracciabilità ed è difficile capirne la provenienza –fa sapere Fiordispina- Il tartufo libico, per esempio, entra nel nostro territorio con un’etichettatura che riporta la dicitura ‘terfezia’, che viene venduta a 80 centesimi al chilo e poi spacciata per tartufo bianco».

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