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Cultura, cenerentola nell’Unione Europea

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Capitale europea della cultura

La cultura è entrata nel novero delle politiche europee solo di recente, e questo la dice lunga sul livello di un’istituzione fondamentale quale l’Unione Europea. Il trattato di Roma non conteneva un paragrafo specifico dedicato alla cultura; quest’ultima è stata inserita per la prima volta fra le priorità politiche europee con l’adozione del trattato di Maastricht e successivamente di quello di Lisbona. L’articolo 151 del Trattato di Maastricht, divenuto l’articolo 167 del Trattato di Lisbona, pone le basi legali per realizzare le azioni promosse dalla Comunità in ambito culturale.

Sono iniziative volte a incoraggiare, promuovere e se necessario integrare le politiche avviate in quest’ambito dagli Stati membri: l’UE contribuisce al pieno sviluppo delle culture dei singoli Stati nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio comune. Le politiche UE connesse alla cultura sono numerose: istruzione (compreso l’apprendimento delle lingue), ricerca scientifica, sostegno alle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni, politica sociale e sviluppo regionale. Purtroppo i finanziamenti destinati all’attuazione di queste politiche si disperdono in mille rivoli. L’attuale programma Cultura dell’UE (2007-2013) ha un bilancio complessivo di 400 milioni di euro da investire in attività culturali (settore audiovisivo escluso). Gli obiettivi sono: sensibilizzare e promuovere la conservazione dei beni culturali che rivestono un’importanza non solo per una regione o un paese, ma per tutta l’Europa; sostenere gli operatori del settore culturale che desiderano soggiornare e lavorare in altri paesi europei; facilitare la libera circolazione delle opere e dei prodotti culturali e artistici nell’UE; stimolare il dialogo tra culture diverse. Il futuro programma «Europa creativa» (2014-2020) dovrebbe avere un bilancio di oltre 500 milioni di euro e varare un sistema di garanzie dei prestiti con 210 milioni di euro per incoraggiare le banche a concedere finanziamenti alle piccole imprese attive nel settore culturale.

In ultima analisi l’iniziativa più conosciuta e apprezzata, almeno a livello di istituzioni locali, è stata finora quella denominata «Capitali europee della cultura». Ogni anno 2 città sono nominate capitali europee della cultura. Firenze lo è stata in passato (1986); nel 2014 toccherà a Umeå, Svezia e Riga, Lettonia. Nel 2015 di scena Mons, Belgio e Plzeň, Repubblica Ceca; nel 2016 Donostia-San Sebastián, Spagna e Wrocław, Polonia; nel 2017 Aarhus, Danimarca e Paphos, Cipro; nel 2018 i Paesi Bassi e La Valletta, Malta. Per il 2019 una delle capitali sarà italiana (prossimamente sarà indicata la candidatura ufficiale), e sono in lizza 21 città. Le prescelte hanno l’opportunità di celebrare la loro identità europea, migliorare la cooperazione con gli enti culturali nazionali e stranieri e, più in generale, risvegliare la loro vita culturale. Si tratta indubbiamente di un progetto utile, che serve a rinsaldare i legami tra i popoli di questa grande casa comune in cui ormai tutti noi europei abitiamo; ma va anche detto che tutte queste iniziative a macchia di leopardo rischiano di restare progetti velleitari o manifestazioni poco più che folkloristiche se non si accelera l’unione politica dell’Europa, la Confederazione degli Stati membri. Inutile girarci intorno, il vero problema è tutto lì.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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