Incendio nella fabbrica di Prato, Napolitano: «Basta sfruttamento»
PRATO – Giorgio Napolitano «sollecita interventi concertati a livello nazionale, regionale e locale per far emergere da una condizione di insostenibile illegalità e sfruttamento realtà produttive e occupazioni che possono contribuire allo sviluppo economico». Così il presidente in una lettera al presidente della Regione Toscana, Rossi.
Indagini sulla strage. C’era anche un bambino nel capannone in cui aveva sede la fabbrica gestita da cinesi distrutta dalle fiamme e dove sono morte sette persone. E’ quanto emerso nel corso degli accertamenti diretti dalla procura di Prato. Il bambino, di pochi anni, è uscito illeso dal capannone con i genitori, sul cui ruolo sono ancora in corso verifiche.
Solo una delle vittime è stata identificata. Le altre sei vittime dell’incendio in via Toscana a Prato non sono state ancora identificate. A spiegarlo è stato il procuratore capo della procura della repubblica di Prato, Piero Tony.
Al termine delle operazioni di bonifica nella zona i vigili del fuoco hanno ritrovato alcune buste con numerosi documenti d’identità all’interno. Potrebbero essere delle vittime non ancora identificate che sono sei su sette. Dopo la tragedia il sindaco Roberto Cenni ha proclamato il lutto cittadino per mercoledì prossimo.
Inchiesta della Procura di Prato. Omicidio colposo plurimo, disastro colposo, omissione di norme di sicurezza e sfruttamento di mano d’opera clandestina: sono i reati per i quali la procura di Prato ha aperto un’inchiesta in seguito all’incendio della fabbrica. L’unico corpo identificato e uno dei feriti sono irregolari.
«Le fiamme dovrebbero essere partite dalla parte destra, in fondo della struttura dove forse c’era un cucinino» ha detto il sostituto procuratore della repubblica Lorenzo Gestri parlando delle risultanze finora dei primi accertamenti sulla dinamica dell’incendio. Il pm ha spiegato che c’erano stufe elettriche e impianti di condizionamento. Si escludono cause esterne di terzi.
PAOLO
Su circa 4000 aziende cinesi a quanto pare nel corso dell’anno la Guardia di Finanza ne ha controllate solo 83. Certo, i finanzieri erano troppo occupati a controllare gli scontrini dei negozianti italiani, le auto di lusso, ecc. Questa non è una critica al lavoro dei finanzieri, ma a chi gli dà delle disposizioni quasi inutili e talvolta al limite del ridicolo, trascurando il controllo di attività molto più gravi ed anche delittuose!
PAOLO
“far emergere da una condizione di insostenibile illegalità e sfruttamento realtà produttive e occupazioni che possono contribuire allo sviluppo economico….” Questo scrive il sig. Presidente, volendo significare, a quanto pare, che anche queste realtà dovrebbero pagare tasse e contributi. Resta da spiegare chi è che ha permesso che la situazione si incancrenisse così, e chi non l’ha bloccata subito, con i primi insediamenti: a qualcuno faceva comodo? Pensiamo anche alle difficoltà burocratiche e non che incontrano normalmente i neo-imprenditori italiani per aprire un’attività!