Imprese cinesi, 1 su 3 chiude entro due anni

FIRENZE – Le imprese individuali con titolari cinesi evidenziano un’elevata mortalità precoce sul territorio italiano. Un’impresa su tre (il 29,9%) cessa l’attività entro i primi due anni dall’iscrizione, un dato che risulta superiore di circa cinque punti percentuali rispetto a quanto si verifica mediamente per il complesso delle imprese individuali registrate. Lo rivela l’Ufficio studi di Unioncamere Toscana considerando il periodo compreso fra il primo gennaio 2011 e il 30 settembre 2013: in Toscana e a Prato questo dato è ancora più significativo, arrivando rispettivamente al 30,2% e al 31,8%.
Sono 65mila in Italia le cariche ricoperte da persone cinesi in aziende iscritte ai registri delle Camere di Commercio italiane, prevalentemente (68% dei casi) si tratta titolari di imprese individuali, che nelle province di Prato e Firenze raggiungono la cifra di 8.146. L’imprenditoria cinese si concentra in quattro regioni (Lombardia, Toscana, Veneto ed Emilia Romagna) con oltre 40mila posizioni (il 61,8% del totale nazionale).
In rapporto alla popolazione imprenditoriale complessiva, la presenza cinese è ancora limitata se valutata su scala nazionale (0,7%), con una punta dell’1,8% in Toscana, ma risulta fortemente concentrata a livello territoriale. In particolare, a Prato e Firenze raggiunge il 10,8% e il 2,5% della popolazione imprenditoriale locale, tanto che nelle province di Prato e Firenze si concentrano in tutto 10.550 cariche di persone cinesi, il 16,1% del totale nazionale. A livello nazionale tale presenza raddoppia (1,4%) considerando le sole imprese individuali.
«La drammatica morte di sette operai cinesi a Prato ha riportato all’attenzione dei media, del mondo politico, economico e istituzionale una ferita aperta da decenni sul nostro territorio: quella delle inumane condizioni di vita e di lavoro di una numerosa comunità –ha sottolineato Vasco Galgani, Presidente di Unioncamere Toscana– Allo stesso modo, i dati sul tessuto economico ci dicono che le imprese cinesi possono essere una ricchezza a patto che si inseriscano in un percorso di legalità, senza il quale non esiste né dignità del lavoro, né della persona. Ecco perché, al di là dell’episodio specifico, preoccupano fortemente i numeri delle aziende cinesi che aprono e chiudono a ritmo vorticoso: una situazione che vanifica molti degli sforzi profusi per garantire sicurezza lavorativa e regolarità fiscale, con i controlli che in tanti casi avvengono quando le ditte sono già chiuse».
