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Arno, batticuore a Firenze e Pisa: altre 72 ore di pioggia

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FIRENZE – Ancora batticuore, per almeno 72 ore. Nel senso che sono previste altre piogge, violente e concentrate, sull’intero bacino dell’Arno. Con punte, secondo il professor Giampiero Maracchi, meteorologo e climatologo del Cnr, previste per sabato e domenica pomeriggio.

Intanto è passato, ma non senza problemi, il picco di piena che era atteso per il primo pomeriggio di oggi, venerdì 31 gennaio. A Firenze, alle 13,45, l’Arno è arrivato a 3 metri e 60 all’idrometro degli Uffizi, con una portata calcolata, alla Nave a Rovezzano, in 1.100 metri cubi al secondo. Una bella piena, anche se per fortuna non di quelle da far tremare: perché, lo ricordiamo a livello statistico, è alluvione a 6 metri e mezzo, mentre la portata devastante del 4 novembre 1966 fu di 4.100 metri cubi al secondo. Ma ricordiamo una cosa che tutte le generazioni di fiorentini, dal 1170 in poi, hanno imparato a conoscere sulla loro pelle: l’Arno è imprevedibile. Non è un fiume, ma un torrente con spiccate ambizioni di fiume, che prende acqua da una sola montagna: quando piove sul Pratomagno l’Arno cresce, quando smette di piovere l’Ano va in secca. E’ così da sempre.

SCOLMATORE -A  valle di Firenze, le cose vanno anche peggio. Non a caso, Pisa, l’altra città vetrina della Toscana, ha potuto tirare un sospiro di sollievo solo a metà pomeriggio. Davanti ai ponti chiusi e a migliaia di persone, compresi i ragazzi che non sono andati a scuola, è passata un’onda da 2.200 metri cubi al secondo. Che sarebbero potuti essere, pericolosamente, oltre 2.500, col serio rischio d’esondazione, se alle 6 di stamani non fosse stato aperto lo Scolmatore di Pontedera. Ossia quel fosso, pensato da Leonardo da Vinci, che devia l’Arno verso il mare del Calambrone, salvando Pisa. Ma qui vale la pena fare un inciso: autorità e amministratori che dovrebbero sorvegliare il fiume, si sono ricordati dello Scolmatore solo all’alba di un giorno pericoloso, dopo che per anni lo hanno colpevolmente abbandonato, lasciando che si riempisse di tutto, limitando parecchio la sua capacità. Oggi lo Scolmatore può deviare appena 500 metri cubi d’acqua  al secondo, mentre il Pai (il piano di assetto idraulico sul quale si misurano i parametri per le urbanizzazioni, compreso il nuovo insediamento Ikea) prevede che ne possa smaltire 1.400. Differenza molto pericolosa. Perché non sono stati fatti i lavori di manutenzione necessari? Non basta. A Pisa la gente si è arrabbiata anche perché l’allarme sarebbe stato dato in ritardo. La replica delle autorità? Semplice:  sostengono che sono state rispettate le macchinose procedure, con i vari stati d’allerta che si dipanano dalla protezione civile nazionale, fino a raggiungere la sala operativa della Regione per poi essere propagate alle Province e ai comuni. Solita trafila, solita spiegazione, solita … irritazione.

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EVACUATI -Ma il batticuore, naturalmente non riguarda solo le città, Firenze e Pisa, ma ben due terzi della Toscana. Anche l’Era ha fatto paura. A Ponsacco sono crollati gli argini per varie decine di metri. Situazione di pericolo anche a Capannoli. In tutta la Toscana sarebbero già centinaia le famiglie costrette a lasciare le case minacciate dall’acqua. Oltre 1500 le abitazioni senza luce, acqua e gas. A Ponte a Signa, dove l’Arno ha già ricevuto affluenti tumultuosi come il Mugnone, il Bisenzio e la Greve, la portata ha raggiunto i 1.541 metri cubi al secondo. Il ponte sull’Arno è rimasto danneggiato: c’è una fessura tra un giunto e le strutture. La circolazione però non è interrotta. A Montelupo, dopo la confluenza con l’Ombrone Pistoiese (che ha fatto sussultare anche stavolta la provincia di Prato) la portata ha raggiunto i 1.749 metri cubi al secondo.

PIOGGIA – Poi, con il calare delle ombre della sera, l’onda di piena è passata. Pericolo superato?  No. Ma non solo per le nuove, forti piogge previste da Maracchi. Il problema è che 48 anni dopo la grande alluvione del 1966 chi vive a Firenze, a Pisa e in due terzi della Toscana è sempre costretto a correre alle spallette ogni volta che arriva la piena. Perché nessuno, come nel caso dello Scolmatore abbandonato, si preoccupa di dare corpo a qualcosa di indispensabile: si chiama prevenzione.

alluvione 1966, arno


Sandro Bennucci

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