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Massimiliano Latorre e Salvatore Girone

Marò, per il governo indiano non fu terrorismo

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone

NEW DELHI – Per il governo indiano Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non possono essere incriminati in base alla legge antipirateria e antiterrorismo, la cosiddetta «Sua Act». Sembra pertanto escluso il rischio di una possibile condanna a morte. Lo ha annunciato oggi il procuratore generale della Corte Suprema Indiana, alla (terza) udienza per decidere sul caso dei due marò italiani, bloccati in India da due anni non tanto in attesa «di giudizio» ma molto più paradossalmente di un capo di accusa.

Una notizia «non negativa» per il nuovo governo di Matteo Renzi, che ha messo a questione Marò tra le sue priorità.

Il pg indiano ha consegnato al presidente della corte il parere scritto del ministero della giustizia indiano, specificando però che i capi d’accusa dovranno essere presentati dalla National Investigation Agency (Nia), l’unità antiterrorismo della polizia che ha svolto le indagini. L’avvocato della difesa italiana, l’indiano Mukul Rohatgi, ha però ribattuto che è impossibile utilizzare la Nia se viene esclusa l’applicabilità del Sua Act.

La Corte Suprema ha nuovamente scelto per un rinvio della sentenza: il quarto. Entro la prossima udienza fissata per il 7 marzo sarà esaminata la richiesta italiana di contestare la giurisdizione della polizia indiana.

Ma non è detto che la soluzione definitiva arrivi davvero il 7 marzo. Le elezioni politiche indiane di maggio, le più importanti nella storia del Paese, si stanno avvicinando rapidamente. Prima sarà realisticamente difficile che la questione venga decisa in modo definitivo. E intanto i nostri marò resteranno là in attesa di conoscere il proprio destino.

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