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Il tribunale di Firenze a Novoli

Processo a Firenze per i genitori di Amanda. L’accusa: diffamazione verso i poliziotti che custodivano la figlia

Il tribunale di Firenze a Novoli
Il tribunale di Firenze

PERUGIA – I genitori di Amanda Knox, accusati di diffamazione nei confronti dei poliziotti che avevano in custodia la figlia, saranno processati dal tribunale di Firenze. Anche se è probabile che scatti prima la prescrizione. In ogni caso è questa la decisione del giudice di Perugia, Giuseppe Noviello, dopo una veloce camera di consiglio, arrivata dopo reiterate richieste da parte dalla difesa di Kurt Knox ed Edda Mellas, precedentemente disattese.

Il motivo del pronunciamento? Dopo l’individuazione del pubblico ministero Giuliano Mignini (titolare delle indagini sull’omicidio di Meredith Kercher fin dal primo giorno, poi affiancato dalla collega Manuela Comodi) come parte offesa, il procedimento era passato a Firenze, tribunale competente in caso di coinvolgimento di un magistrato perugino in un’inchiesta. A Firenze però venne stabilito che Giuliano Mignini non era parte offesa, e il gip toscano dispose una nuova trasmissione degli atti a Perugia. Adesso, dopo il rinvio a giudizio, e alcune udienze del primo grado di giudizio, nel giorno in cui dovevano essere sentiti i primi testimoni, il giudice Noviello ha finalmente accolto la reiterata richiesta dell’avvocato Luciano Ghirga, per conto dei Knox.

In aula, al momento della decisione, insieme a Ghirga c’era anche l’avvocato Serena Perna, che insieme al collega Francesca Maresca – già entrambi legali della famiglia Kercher – assisteva i poliziotti che si erano costituiti parte civile dopo l’apertura del procedimento per diffamazione nei confronti dei genitori di Amanda Knox. Ora gli atti dovranno essere nuovamente trasmessi a Firenze, anche se sembra difficile che il processo faccia il suo iter prima della prescrizione che scatterà nel dicembre del 2015. Curt Knox ed Edda Mellas erano stati rinviati a giudizio per un’intervista apparsa nel 2009 su un tabloid inglese, in cui i due ”attribuirono ai poliziotti – si legge nel capo d’imputazione – azioni e condotte difformi dai doveri d’ufficio. In particolare riferivano, contrariamente al vero, che Amanda non era stata assistita da un interprete, che non le erano stati somministrati né cibo né acqua, che era stata ”abusata (‘abused’) sia fisicamente che verbalmente” e anche che, ”era stata colpita dietro la testa con una manata e minacciata”.

    

 

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