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Deflazione conclamata: Italia in mezzo al guado, non succedeva dal 1959

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La sede della Bce

ROMA – Ormai non parliamo più di sintomi: ad agosto l’indice dei prezzi al consumo misurato dall’Istat ha segnato un calo dello 0,1%. La deflazione è conclamata. L’ultimo caso di deflazione risale a 55 anni fa, nel settembre del 1959, quando però l’economia era in forte crescita. Ma come mai la discesa dei prezzi preoccupa tanto gli economisti? Apparentemente scongiurare fenomeni inflazionistici e riuscire a garantire ai consumatori le spese di base contenendo i prezzi è un fenomeno che non dovrebbe destare preoccupazione, anzi. Ma non è così. Le implicazioni del processo deflazionistico che si è innescato fanno presagire foschi scenari. Lo spiega Qui Finanza del 29 agosto.

DEFLAZIONE – Si parla di deflazione quando si verifica un calo dei prezzi dovuto a un calo della domanda di beni e servizi. In questi casi si innesca una spirale negativa in cui consumatori e aziende frenano le spese in attesa di un’ulteriore diminuzione dei prezzi. Chi produce si vede costretto a cercare di collocare merci e servizi a prezzi ancora più bassi, ma la riduzione dei prezzi si ripercuote sui ricavi, anch’essi generalmente in calo. Ne deriva la necessità, da parte delle imprese, di ridurre i costi attraverso una diminuzione dell’acquisto di beni e servizi da altre imprese e risparmiando sulla forza lavoro. Molte imprese falliscono con la conseguenza che la disoccupazione aumenta e la domanda scende sempre di più. Infatti la disoccupazione è aumentata al 12,6%, secondo gli ultimi dati istat e la domanda è crollata.
Mentre i prezzi cadono, il valore di ogni unità di moneta aumenta. Questo rende più caro il debito esistente, cosa che vale sia per i governi che per i consumatori. E mentre il debito diventa più oneroso, aumenta anche il rischio di default e di bancarotta, rendendo le banche più caute nei prestiti. in tal modo si riduce la domanda e si alimenta la spirale deflazionistica.

BCE – Ma come intervenire? Un solo paese non può combattere questo fenomeno, occorre un’azione concertata a livello internazionale. La BCE è già intervenuta, ma non è sicuro che le misure espansive (immissione di liquidità sui mercati) servano a rimettere realmente in moto l’economia dell’area euro. Si corre il rischio che, grazie all’abbondante liquidità a basso costo, i mercati possano attingere a immensi capitali da investire in titoli, la cui impennata dei corsi rischia di beneficiare pochi grandi attori della finanza, mentre l’economia reale continuerà a languire. Per questo è necessario che le Autorità monetarie vigilino e siano pronte a intervenire, ponendo dei paletti ben precisi.

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