Hong Kong: la «rivoluzione degli ombrelli» guasta la festa ai burocrati che comandano in Cina
HONG KONG – Per i mandarini del Partito di Pechino non sarà un felice anniversario, mercoledì 1 ottobre. La repubblica popolare cinese fondata da Mao Tse-Tung compie 65 anni ma nella sua regione autonoma meridionale più ricca e importante decine di migliaia di persone stanno guastando la festa. E a 25 anni dalla strage di piazza Tienanmen aleggia di nuovo lo spettro dell’intervento, per ora smentito, dell’esercito e dei carri armati.
Da 3 giorni, infatti, Hong Kong è sotto sopra. È scoppiata la «rivoluzione degli ombrelli»: un movimento di massa non violento per chiedere una vera democrazia politica, in vista delle elezioni per scegliere il governatore della regione, previste nel 2017.
Ai primi di settembre il governo di Pechino ha fatto sapere che il voto popolare non potrà che selezionare fra un massimo di tre candidati indicati dal Politburo del Partito. È stata la miccia accesa in una potenziale polveriera.
Da domenica 28 settembre un fiume di persone si è ingrossato di ora in ora: adolescenti liceali, studenti universitari, professori e semplici cittadini, anche anziani, hanno occupato i luoghi simbolo della metropoli e si sono accampati per chilometri in mezzo alla carreggiata di alcune delle principali arterie del traffico.
Così da Harcourt Road nella zona di Admiralty, il quartiere degli affari, a Gloucester Road e Hennessy Road sono completamente bloccate. La gente canta, grida slogan, chiede a gran voce le dimissioni dell’attuale rappresentante dello Stato cinese che governa Hong Kong, Leung Chun-ying. E sopporta la repressione. Non si contano gli arresti e le cariche della polizia, che però, adesso, al terzo giorno della pacifica rivolta, si sono stemperati. In manette è finito anche Joshua Wong, 17 anni appena, uno dei leader del movimento che chiede la democrazia.
Gli arresti non hanno fatto altro che consolidare i manifestanti nelle loro convinzioni. Sempre armati di ombrelli, che sono diventati il simbolo della pacifica rivolta: servono a ripararsi dalla pioggia, dal sole e dallo spray al peperoncino in dotazione alla polizia. Ma i ragazzi si prendono anche cura dell’ambiente, raccolgono i rifiuti e restano accampati nel modo più organizzato possibile. Secondo alcuni osservatori anche questo è un modo per lanciare un silenzioso messaggio: resteremo qui fino a che non avremo avuto ragione.