Università di Firenze e Iraq: il rilancio dell’agricoltura di Bagdad passa anche da qui

FIRENZE – Molti i settori nei quali nel corso degli ultimi dieci, a partire dal 2005, si sono intensificati i rapporti tra l’Università di Firenze e l’Iraq. Un paese, del Mediorienta più tristemente e costantemente noto per i fatti di guerra e di terrorismo. Eppure sono state molte le collaborazioni instaurate e gli scambi effettuati dai ricercatori dell’Ateneo fiorentino che sono divenuti protagonisti in questo decennio di importanti progetti di cooperazione internazionale sia nel campo dello sviluppo agro-zootecnico, sia nella gestione delle risorse idriche.
Dal giugno 2013, infatti, in base ad un accordo dell’Ateneo toscano con il Ministero iracheno dell’Alta Educazione e Ricerca Scientifica sono giunti a Firenze numerosi professori da tutte le provincie dell’Iraq orientale aprendo in tal modo la possibilità di accesso all’Università fiorentina di studenti iracheni con finanziamento del proprio paese. Di recente ha avuto luogo in Iraq la visita del direttore del Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali, Matteo Barbari, che ha dichiarato: «Il nostro viaggio aveva come obiettivo il consolidamento di rapporti ormai decennali con le istituzioni irachene. Come prima tappa siamo partiti da Baghdad, dove, grazie al supporto della sezione culturale dell’Ambasciata Irachena a Roma, abbiamo potuto incontrare, presso il Ministero iracheno dell’Alta Educazione e della Ricerca Scientifica, il direttore generale e il viceministro con l’obiettivo di definire le azioni per favorire l’accesso di studenti iracheni in Italia, e soprattutto a Firenze».
Sono infatti già 35 i «visiting professor» che sono stati ospitati a Firenze, quattro gruppi ad Agraria, uno al Dipartimento di Scienze politiche e sociali e un altro, proprio in questi giorni e fino al 20 dicembre presso il Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia. E proprio di questo gruppo fanno parte sei docenti iracheni, provenienti dalle Facoltà di Scienze dell’Educazione delle Università di Baghdad, Al-Mustansiriyah e Dilay. «Durante la loro permanenza – come spiega Paolo Federighi, ordinario di Pedagogia generale e sociale e curatore del progetto – i docenti iracheni potranno partecipare ai corsi di Scienze della Formazione primaria, ai seminari e ai laboratori frequentati dagli studenti che si preparano a diventare insegnanti». In questo modo ci sarà l’opportunità per i professori irachebi di conoscere più da vicino le scuole primarie e dell’infanzia di Firenze della sua provincia, come la Scuola-Città ‘«Pestalozzi’», la «Margherita Hack» di Montelupo e la «Rimaggio» di Bagno a Ripoli.
«Si tratta – prosegue Federighi – di un’importante possibilità di trasferimento di innovazione all’interno dei settori educativo-formativi e didattico – scolastici; in particolare i professori iracheni avranno l’opportunità di osservare e studiare la scuola, la ricerca e l’università italiana e apprezzare direttamente le molteplici professionalità che compongono il sistema educativo del nostro Paese». Importante è stato anche, come ha tenuto a sottolineare Barbari, il viggio in Iraq, nel corso del quale sono stati incontrati i rettori delle Università del Dhi Qar (Nassiriya), con le quali esiste già un accordo col dipartimento fiorentino stipulato nel 2007. Tra i progetti in campo agricolo sta partendo quello sull’allevamento del bufalo nel sud dell’Iraq in collaborazione con il Ministero italiano degli Affari esteri per la costituzione di un Centro di formazione, in due sedi – Nassiriya e Bassora – e di quattro fattorie per migliorare i risultati e il processo di lavoro, anche grazie a moderne strumentazioni, e a formare complessivamente più di 600 addetti, per la maggior parte donne, da sempre impegnate nelle attività lavorative agricole nei villaggi’. Si tratta in definitiva di attività che mirano a favorire lo sviluppo di sistemi agricoli sostenibili in un’area di grande valore ambientale che negli ultimi trent’anni ha subito un forte degrado. In tutte le proposte sono privilegiati modelli di sviluppo che puntano a garantire adeguate condizioni di vita nei villaggi e favoriscano la permanenza della popolazione nelle aree rurali e l’inserimento di giovani nel mondo del lavoro.
