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Toscana crescono disoccupazione e sofferenze bancarie

Disoccupazione giovanile stratosferica: nuovo record (43,9%). Il governo non riesce a far niente

La disoccupazione crescerà anche nel 2014
La disoccupazione giovanile è cresciuta anche nel 2014

ROMA – Il problema del lavoro e della disoccupazione, soprattutto giovanile, è quello più urgente al quale il Governo dovrebbe dare risposte immediate. Ma finora, al di là di progetti e promesse, poco si è mosso dal punto di vista concreto. Anzi proprio oggi l’Istat ci annuncia un nuovo record: la disoccupazione giovanile sale alla percentuale record del 43,9%. Il numero di giovani disoccupati risulta cresciuto del 2,5% nell’ultimo mese (+18 mila) e del 9,4% rispetto a dodici mesi prima (+63 mila). Il dato della disoccupazione in generale sale anch’esso alla cifra record del 13,4%. Ma quali sono state in quest’anno le azioni del Governo in proposito? Proviamo a fare un po’ di storia, riassumendo le varie dichiarazioni e i buoni propositi di Matteo Renzi .

PARLAMENTO – Nel suo discorso d’esordio alle Camere, lo scorso 24 Febbraio, il Presidente del Consiglio evocò un’Italia che «vuole diventare il luogo delle opportunità», ma qualche giorno i primi dati Istat (disoccupazione al 12,9%), lo fecero riflettere. Rispose subito con un tweet: «Cifra allucinante, ecco perché il primo provvedimento sarà il jobs act». Esattamente il primo non è stato: ha avuto una lunga gestazione ed è stato partorito a dicembre. Già il 3 settembre però, in un’intervista al Sole 24 Ore, il premier tornava sulla necessità di garantire «opportunità serie ai troppi giovani senza lavoro e ai troppi quarantenni/cinquantenni che la sera vanno a letto con un’occupazione e la mattina dopo si svegliano senza un impiego e senza la speranza di riceverlo».

MARCHIONNE –  Giorni dopo, a Detroit, visitando gli stabilimenti Fiat- Chrysler a fianco di Sergio Marchionne, assicurò: «a me sta a cuore ridurre la disoccupazione» e «per far questo metteremo in campo tutte le misure necessarie». Nella burrascosa direzione nazionale del Pd del 29 settembre  Renzi sostenne nuovamente la necessità di «una profonda riorganizzazione del mercato del lavoro e del sistema di welfare». Successivamente, in un colloquio con il periodico  Poi, nello scorso ottobre, Renzi si disse certo che «i cambiamenti che abbiamo messo in campo e stiamo realizzando, dal lavoro alla giustizia, dall’economia, al ridisegno delle nostre istituzioni, cominceranno presto a dispiegare i loro effetti». In verità l’Italia e l’Europa stanno ancora aspettando i frutti di questa titanica azione.

JOBS ACT – Fino ai trionfalismi recenti, all’approvazione del Jobs Act:  «È una rivoluzione copernicana». Purtroppo subito dopo è iniziato il dibattito – scontro (con i nemici, ma anche con gli amici) sull’applicabilità o meno del provvedimento al pubblico impiego. Nei prossimi mesi vedremo il resto dei decreti applicativi.  Sarebbe indispensabile però che, oltre ad agire su licenziamenti, assunzioni ecc.., il Governo si decidesse a realizzare interventi concreti capaci di aumentare la domanda interna.

Ma in altri paesi europei, che erano messi male quanto o più dell’Italia, cosa è stato fatto?

SPAGNA – La Spagna ha varato un piano di elevata riduzione delle tasse per rilanciare la crescita. Ammonta infatti a 7,6 miliardi il taglio previsto per i prossimi due anni a favore dei contribuenti e delle società spagnole. La riduzione del carico fiscale riguarderà un taglio dell’Irpef e delle imposte sulle società dal 2015 sino al 2016. La riforma fiscale spagnola è destinata, secondo il Governo, a far risalire i consumi interni. I segnali positivi che ultimamente stanno facendo crescere l’economia della Spagna sono dovuti alla tenuta e al miglioramento dell’export. Il Pil si prevede in aumento per quest’anno dell’1,1%, secondo le stime di primavera della Commissione Europea. La Spagna ha inoltre approvato una riforma del fisco anche sulle società, riducendo l’aliquota dal 30% nel 2014 al 28% nel 2015, sino al 25% nel 2016. Il debito pubblico spagnolo, in proporzione al Pil del 2014, è sceso al  100,2% rispetto al 95,6% della Francia, al 135,2% dell’Italia e al 76% della Germania. Sono tutti interventi che privilegiano la crescita e la riduzione della disoccupazione. Che in effetti è calata, rispetto al 2013, del  -5,39%. In Italia invece è ai livelli più alti da venti anni a questa parte.

FRANCIA – Anche la Francia ha capito la prima legge dell’economia. E cioè che per creare lavoro non servono leggi ma ricchezza. Così l’Eliseo punta a porre le basi per  una crescita dell’economia superiore all’1%, in modo da frenare anche l’aumento della disoccupazione. Il presidente Hollande ha affermato: «lasciare continuare trend di bassa crescita ci porterà alla stagnazione». Così ha varato per quest’anno un piano di riduzione delle tasse per le imprese e di snellimento della burocrazia. Vedremo se la Francia riuscirà nel suo intento, visto che attualmente  i cugini d’oltralpe sono messi male come l’Italia quanto a disoccupazione, soprattutto giovanile. Anche per rimediare a questa grave situazione il presidente francese ha sfidato l’Europa sforando, fino al 4% del Pil, i parametri previsti dal patto di stabilità. 

Forse dovremmo seguire anche noi questa strada, che in altri paesi sembra aver già portato frutti concreti. Anche perché l’Europa ci attende al varco e gli italiani sono stanchi di propositi, annunci e chiacchiere.

 

disoccupazione, Lavoro, riforme

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