Skip to main content

Strage del rapido 904, Brusca: «Pippo Calò mi chiese di nascondere l’esplosivo». Poi rivela: «Decidemmo nell’83 di uccidere Falcone»

Giovanni Brusca al momento dell'arresto nel 1993
Giovanni Brusca al momento dell’arresto, nel 1996

FIRENZE – «La decisione di uccidere il dottor Giovanni Falcone fu presa dopo l’attentato al giudice Rocco Chinnici, avvenuto il 29 luglio 1983. Ci furono vari tentativi, poi andati a vuoto, e quindi diversi rinvii per motivi interni a Cosa Nostra. Poi si arrivò all’attentato del 23 maggio 1992, in cui Falcone fu ucciso». È il racconto di Giovanni Brusca, interrogato oggi, 13 gennaio, a Firenze dal pubblico ministero Angela Pietroiusti come teste al processo per la strage del treno rapido 904 Napoli-Milano del 23 dicembre 1984.

Doveva essere una «semplice» testimonianza sulla strage del Natale di trent’anni fa, quella del treno rapido 904; in realtà la deposizione di Giovanni Brusca, pentito della cupola di Cosa Nostra dal 1996, ha toccato ancora una volta molti dei misteri di mafia, tra attentati, depistaggi e «aggiustamenti di processi». L’esplosivo utilizzato per la strage del Rapido 904, ha riferito Brusca, «proveniva tutto dalla Thailandia, tramite il medesimo canale, ovvero Vito Roberto Palazzolo, attualmente latitante forse in Sudafrica». Lo stesso tipo di esplosivo, il Semptex, sarebbe stato utilizzato anche per la strage di via d’Amelio nel 1992.

Il processo davanti alla Corte d’Assise di Firenze, che vede come unico imputato Toto Riina, accusato di esserne il mandante, era oggi alla terza udienza. Per questo processo sono stati già condannati in via definitiva Pippo Calò, Guido Cercola, Franco Di Agostino e l’artificiere Friedrich Scaudinn.

Sia l’attentato al giudice Chinnici che quello preparato per Giovanni Falcone, ha ricordato Brusca, facevano parte della strategia di Cosa Nostra «per fermare l’attacco giudiziario» dei magistrati del pool antimafia di Palermo impegnati nell’istruzione del maxiprocesso. Ossia l’atto giudiziario che avrebbe portato alla fine del settembre del 1984 a 366 ordini di custodia cautelare, scaturiti anche da dichiarazioni di pentiti, in primo luogo di Tommaso Buscetta.

Brusca ha quindi parlato delle varie strategie adottate dagli uomini agli ordini di Riina per neutralizzare l’opera della magistratura, tra l’altro «cercando di addomesticare i giudici» e anche i politici, «per contrastare le ipotesi accusatorie», magari tentando anche di «aggiustare i processi», per evitare gli ergastoli, magari anche inquinando le prove per ostacolare «il normale iter processuale». In questa strategia trovò spazio anche l’attentato del 2 aprile 1985 al giudice Carlo Palermo con un’auto carica di tritolo. «E c’era una strategia offensiva di carattere violento – ha concluso Brusca – Si andava per le vie criminali, uccidendo i magistrati e chi non si metteva a disposizione».

Giovanni Brusca ha poi accusato direttamente Pippo Calò, il quale, ha riferito il pentito – collegato con l’aula bunker di Firenze in videoconferenza dal carcere dove si trova rinchiuso -, gli chiese di distruggere le mine anticarro, perché quella poteva diventare «una prova che avrebbe potuto incastrarlo. Calò mi chiese espressamente di distruggere quegli elementi di prova a suo carico». «Di questa strage so solo quello che mi disse Calò durante le udienze del maxiprocesso a Palermo istruito da Giovanni Falcone, tra il 1986 e il 1987», ha aggiunto Brusca, anche quando a interrogarlo è stato l’avvocato Luca Cianferoni, difensore dell’imputato Totò Riina, collegato anche lui in videoconferenza dal carcere di Parma.

Totò Riina durante l’udienza oggi non ha rilasciato dichiarazioni spontanee. Da parte sua il legale, ha commentato, al termine dell’udienza, che Brusca «non sa niente» della strage del 23 dicembre 1984. Si terrà martedì 20 gennaio la quarta udienza del processo. Il pm Angela Pietroiusti ha annunciato che saranno sentiti come testi altri due pentiti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Firenze Post è una testata on line edita da C.A.T. - Confesercenti Toscana S.R.L.
Registro Operatori della Comunicazione n° 39741
Firenzepost small logo