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Duro attacco di Rossi all'Alta Velocità che penalizza il trasporto regionale

Firenze, tunnel Tav: chiesti 32 rinvii a giudizio. Le accuse: dal traffico di rifiuti all’associazione a delinquere

I cantieri fiorentini dell'Alta velocità ferroviaria
Campo di Marte: il cantiere dell’Alta velocità ferroviaria

FIRENZE – Traffico illecito di rifiuti, associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, frode e truffa. Con queste accuse, a vario titolo, 32 persone rischiano di andare a processo per rispondere dei loro comportamenti sulla gestione dei lavori per il futuro sottoattraversamento dell’Alta velocità ferroviaria a Firenze. I pm Gianni Tei e Giulio Monferini ne hanno chiesto infatti il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sul doppio tunnel Tav che dovrebbe «bucare» il sottosuolo del capoluogo toscano per circa 8 chilometri.

Fra i 32 di cui i pubblici ministeri fiorentini chiedono il rinvio a giudizio, anche l’ex presidente di Italferr ed ex presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti, dirigenti del consorzio Nodavia, che si era aggiudicato l’appalto, e dirigenti del ministero delle Infrastrutture, come Ettore Incalza e Giuseppe Mele. Le società chiamate in causa con i loro legali rappresentanti sono 7: oltre a Italferr e al consorzio Nodavia, anche Coopesette, Seli Spa, Varvarito Lavori Srl, Htr Srl, Hydra Srl.

In futuro, se e quando i lavori, adesso bloccati, saranno ultimati, le Frecce di Trenitalia in arrivo da Nord si fermeranno alla nuova stazione sotterranea dell’Alta velocità (ancora tutta da costruire) all’altezza dei Vecchi Macelli, di fronte alla stazione di Santa Maria Novella, per poi proseguire, sempre sotto terra, fino al Campo di Marte. La «riemersione» in superficie avverrà sui binari di fronte all’attuale stazione Campo Marte: da lì i treni potranno proseguire in direzione Roma.

Nel settembre di due anni fa, 2013, l’ex governatrice dell’Umbria, Maria Rita Lorenzetti, era stata arrestata, ai domiciliari, insieme ad altre 5 persone: per l’accusa avrebbe favorito Nodavia e Coopsette, socio di maggioranza del consorzio, mettendo a disposizione anche i propri contatti politici a Roma. In cambio, fra l’altro, avrebbe ottenuto incarichi per il marito nei lavori di ricostruzione del dopo terremoto in Emilia Romagna.

L’inchiesta portò anche al blocco della fresa denominata «Monna Lisa» prima ancora che questa iniziasse i lavori di scavo per il sottoattraversamento: le indagini condotte dai carabinieri del Ros, dal Corpo Forestale e dall’Arpat, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, avrebbero permesso di scoprire che la fresa sarebbe stata assemblata con pezzi non originali e che non era idonea a svolgere il lavoro in sicurezza.

Gli indagati avrebbero poi fatto di tutto, secondo le accuse, per declassificare i fanghi di scavo a materiale non inquinante con regole di smaltimento non adeguate. Oltre a questo i conci scelti per la copertura delle gallerie sarebbero stati composti da materiali non in grado di garantire la dovuta resistenza in caso di incendio. Nell’inchiesta finirono anche le lesioni provocate dai lavori a una scuola fiorentina, la Ottone Rosai. Gli indagati inizialmente erano 33 ma la posizione di uno di loro è stata stralciata in attesa di ulteriori approfondimenti.


Domenico Coviello

Giornalista

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