Pensioni: a rischio quelle dei giovani della generazione 1000 euro. Che da vecchi potrebbero essere poveri
ROMA – I giovani che oggi svolgono lavori precari, discontinui e poco retribuiti rischiano ovviamente di avere in futuro pensioni che non consentiranno loro di avere una vecchiaia serena. Quella che viene definita la generazione mille euro a fine carriera rischia di trovarsi povera. Oggi il 40% dei lavoratori dipendenti di 25-34 anni ha una retribuzione netta media mensile fino a mille euro. Per questo molti si troveranno ad avere una pensione più bassa del reddito che avevano a inizio carriera.
CENSIS – Secondo il Censis e la Fondazione Generali, che hanno avviato un percorso di ricerca sul welfare del futuro, l’invecchiamento della popolazione e le riforme pensionistiche renderanno più complesso il tema della longevità.Il Censis stima che il 65% dei giovani occupati dipendenti 25-34enni di oggi avrà una pensione sotto i mille euro, pur con avanzamenti di carriera medi assimilabili a quelli delle generazioni che li hanno preceduti, considerando l’abbassamento dei tassi di sostituzione. E la previsione riguarda i più «fortunati», cioè i 3,4 milioni di giovani oggi ben inseriti nel mercato del lavoro, con contratti standard. Poi ci sono 890.000 giovani 25-34enni autonomi o con contratti di collaborazione e quasi 2,3 milioni di Neet, che non studiano né lavorano. Se continua così, i giovani precari di oggi diventeranno gli anziani poveri di domani. Il 53% dei millennial (i giovani di 18-34 anni) rivela una certa consapevolezza su ciò che aspetta loro: uno su due pensa che la pensione arriverà al massimo al 50% del reddito da lavoro.
PENSIONE – La pensione dipenderà infatti dalla quantità dei contributi versati. Quasi due su tre millennial hanno avuto finora una contribuzione intermittente, perché hanno alternato pause tra un lavoro e l’altro, sono rimasti spesso senza lavoro o hanno lavorato in nero. Per avere pensioni più adeguate, l’unica soluzione sarà quella di lavorare fino ad età avanzata? Il mercato del lavoro lo permetterà? I dati sono allarmanti. L’occupazione dei giovani è crollata. Siamo passati dal 70% di giovani di 25-34 anni occupati nel 2004, pari a 6 milioni, al 59,1% nel 2014 (primi tre trimestri), pari a 4,2 milioni. In dieci anni si sono persi quasi due milioni di posti di lavoro giovanili. Una perdita con un costo sociale pari a 120 miliardi di euro, cioè un valore pari al Pil di tre Paesi europei come Lussemburgo, Croazia e Lituania mesi insieme. Se la tendenza dovesse continuare, i giovani sarebbero precari oggi, anziani poveri domani.