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Alluvione, Firenze: bomboloni sull’Arno. Esercitazione con argini gonfiabili: inutili in caso di grande piena

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I camion con gru per il montaggio di pochi metri di argine. Un esperimento fatto senza piena: a che cosa doveva servire?

FIRENZE – Argini gonfiabili sull’Arno. Più che altro … bomboloni. Provati oggi, sabato 28 febbraio, con il sole, temperatura primaverile, Arno calmo e tranquillo. Più che una prova antialluvione possiamo pensare a un … esperimento elettorale. Enrico Rossi, presidente uscente, e probabilmente rientrante, era lì, a parlare della bontà dell’iniziativa. Fatta, a quanto pare, senza alcun supporto di carattere scientifico. Ossia senza dimostrare che gli argini gonfiabili, a Firenze, in caso di alluvione, sarebbero veramente efficaci. In realtà chi ha visto (come il sottoscritto) l’alluvione del 1966 ha in mente una Firenze trasformata in immenso lago con l’acqua arrivata a superare le spallette anche di 4-6 metri, una valanga di 4100 metri cubi al secondo capace di sommergere il centro storico: con i suoi monumenti, le sue chiese, i suoi capolavori d’arte.

Chi ha vissuto il 4 novembre 1966 non può che considerare l’esperimento di oggi come un… gioco. Fra l’altro provato senza nessun supporto di carattere scientifico o tecnico-idraulico. Gli argini gonfiabili, lo sappiamo anche per esperienza professionale diretta, possono sostituire i vecchi sacchi di sabbia nei torrenti di campagna, dove non ci sono argini. Ma non si può nemmeno immaginare a un loro serio utilizzo in una città come Firenze. Dove, in caso d’inondazione, invece di essere utili potrebbero rivelarsi addirittura dannosi, sbatacchiati via dall’impeto della corrente. La vera difesa di Firenze e di due terzi della Toscana deve essere fatta con le opere previste dal piano di bacino dell’Arno, disegnato nel 1999 dal professor Raffaello Nardi, unico insieme di progetti ritenuto veramente efficace, capace di raccogliere lo studio degli ingegneri idraulici De Marchi e Supino, dopo, l’alluvione del 1966, e il Progetto pilota dell’Arno del professor Carlo Lotti negli anni ’70. Eppoi bisogna puntare su un vero piano di protezione civile efficace, per mettere al riparo i fiorentini e l’immenso patrimonio d’arte e cultura che la città custodisce.

COSTO – Che cosa sono questi argini d’aria e sabbia? Un sistema modulare che, a regime, sarà costituito in parte da gonfiabili e in parte da paratie rigide. Provato oggi, in riva destra dove si trova l’Obihall, cioè dove sorgeva il vecchio teatro tenda. L’idea sarebbe quella di coprire il tratto dell’Arno tra il Viadotto Marco Polo e il Ponte San Niccolò. Le paratie parte del tratto che va da ponte San Niccolò a Ponte Santa Trinita. Il costo a base di gara della fornitura, montaggio, manutenzione ordinaria degli argini gonfiabili e paratie è di circa 5 milioni per cinque anni. La Regione ha puntato su questo strumento, utilizzato da molti paesi europei, come soluzione pratica ma per situazione ben diverse da quella di Firenze.

FRANCIA – Non si tratta però di noccioline, tanto più che il sistema, già testato quest’anno in Francia a Buche’res/Troyes per contenere l’esondazione del fiume e nel giugno scorso per 10 giorni in Ungheria per proteggere un terminal del gas dalla piena del Danubio, sembra essere efficace per proteggere superfici urbanizzate limitate, non grandi città come Firenze. Speriamo che non ce ne sia bisogno, ma abbiamo forti perplessità sulla tenuta di questo sistema per contenere la furia dell’Arno in un tratto così lungo come quello cittadino. Inoltre la spesa di 5 milioni per 5 anni sembra eccessiva, visti i rischi che comunque resteranno.

Posa argini gonfiabili: una prova senz'acqua
Posa argini gonfiabili: una prova senz’acqua

ESERCITAZIONE – L’esercitazione è cominciata intorno alle 10. Con l’arrivo dei primi camion con a bordo i gonfiabili dell’operazione #proteggereFirenze. La Protezione civile regionale ha montato il campo base sul Lungarno De Andrè dove è iniziato il posizionamento e montaggio dei gonfiabili. Dalle 10 alle 12 circa si è provveduto al montaggio degli argini gonfiabili lungo la sponda dell’Arno. Essenzialmente si tratta di sistemi di rialzamento della quota arginale che evitano la fuoriuscita del fiume nei punti più critici in caso di un evento particolarmente catastrofico come quello del 1966. E’ stato deciso un primo contratto di noleggio per 18 mesi (costo 80mila euro, valore che arriva a 200mila euro in caso di utiilizzo durante un evento). L’esercitazione di oggi è quindi un passaggio fondamentale per capire tutti questi aspetti. A tal proposito riteniamo necessaria un’altra osservazione preliminare: i camion molto ingombranti, con gru, necessari per il montaggio, possono andar bene a Rovezzano e all’Obihall, non certo verso i lungarni al centro della città.

MONTAGGIO – Ovviamente, trattandosi solo di montaggio di strutture e di una battaglia giocata senza il nemico (l’Arno) gli organizzatori e i partecipanti all’esercitazione hanno svolto senza difficoltà i loro compiti. Ma succederà così quando l’Arno crescerà come è solito fare? E che efficacia potrebbero avere, ripetiamo, le barriere di gomma contro una portata di 4.100 mc di acqua al secondo come successe nel 1966?

ROSSI – All’iniziativa presenti politici in parata: il governatore Enrico Rossi, Erasmo d’Angelis, responsabile della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e lo sviluppo delle risorse idriche e l’assessore all’ambiente del Comune di Firenze Alessia Bettini . Il Presidente Rossi, nella conferenza stampa finale, ha spiegato che la regione dopo la sperimentazione di oggi organizzerà altre prove per poi bandire una gara per acquisire gli argini stabilmente entro l’autunno. Poi ha illustrato, giustamente, gli interventi che la Regione intende realizzare dal punto di vista strutturale per diminuire i rischi sul territorio. Rischi che saranno abbattuti solo fermando qualcosa come duecento milioni di metri cubi d’acqua a monte di Firenze: come recita il piano di bacino di Nardi.

D’ANGELIS – Il responsabile dell’azione governativa contro il dissesto idrogeologico, Erasmo D’Angelis, ha preferito spiegare, anche lui, che “le richieste della Regione Toscana che andranno nel piano nazionale contro il dissesto 2015-20 sono 660 milioni di euro, di cui 141 per l’area metropolitana fiorentina, nei quali stanno gli 87 milioni di euro necessari per completare la messa in sicurezza di Arno, Mugnone, Mensola ed Ema”.

Tutto qui. Praticamente un gioco. Che rischia di diventare molto pericoloso se, davvero, si dovesse continuare a fare esercitazioni e a non portare avanti, concretamente, gli interventi che servono sul serio a limitare il pericolo che l’Arno, dal 1170, costituisce per Firenze e due terzi della Toscana


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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