
Pisa, il giallo di Roberta Ragusa: è l’ora del processo. Il marito Antonio Logli a un bivio

PISA – Dopodomani, venerdì 6 marzo, a Pisa, davanti al giudice per le indagini preliminari Giuseppe Laghezza, si celebrerà l’udienza preliminare. Comincia così, a poco più di tre anni dai fatti, il percorso processuale per il caso della scomparsa di Roberta Ragusa, svanita nel nulla nella notte fra il 13 e il 14 gennaio 2012. Ora il gip dovrà decidere se rinviare a giudizio il marito di Ragusa, Antonio Logli, unico imputato, accusato di omicidio volontario e distruzione di cadavere.
Logli finora ha scelto la strada del silenzio, si è rifiutato di rispondere ai magistrati avvalendosi della facoltà di non rispondere, e probabilmente questa linea proseguirà anche nell’udienza preliminare dove si saprà se il suo avvocato, Roberto Cavani, chiederà un giudizio con rito alternativo o se sceglierà di affrontare l’eventuale dibattimento.
Durante l’udienza preliminare vi sarà anche la richiesta delle parti offese di costituirsi parti civili. Tra loro ci sono anche i due figli della coppia: il maggiorenne Daniele che sceglierà da solo se costituirsi contro il padre e la sorella quattordicenne i cui interessi sono stati affidati alla curatrice speciale, avvocato Cecilia Adorni Braccesi. Insieme a loro anche i cugini di Roberta Ragusa.
La procura, anche in assenza di un cadavere, non ha raccolto prove certe ma molti indizi contro Logli ritenuto l’unico responsabile della sparizione della moglie. Lui invece ha sempre respinto le accuse e ipotizzato un allontanamento volontario di Roberta Ragusa.
Fu proprio Antonio Logli a denunciare la scomparsa della moglie. Disse di essere andato a dormire intorno alla mezzanotte della sera precedente e al suo risveglio di essersi accorto che la donna non era mai andata a letto. E così dopo qualche breve immediata ricerca decise di avvisare i carabinieri e formalizzare la denuncia di scomparsa.
In realtà gli inquirenti scoprirono presto che la ricostruzione non era veritiera. L’amante di Logli, Sara Calzolaio, che lui provò a tenere nascosta all’inizio dell’indagine, raccontò ai carabinieri che l’uomo gli ordinò di distruggere i telefonini utilizzati dai due amanti per le loro conversazioni private e consentì anche il loro recupero dopo averli gettati in un cassonetto.
Per anni il corpo di Roberta Ragusa è stato cercato nelle campagne circostanti l’abitazione di famiglia e anche nel resto della provincia di Pisa, ma senza trovare nulla che potesse dare un impulso decisivo alle indagini. Lo stesso Logli è parso agli inquirenti poco collaborativo nelle ricerche della moglie, al punto di averne diffuso i primi giorni foto troppo datate.