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Giustizia: disastro anche nel penale. Polemiche (e risarcimenti stellari) per il caso Meredith

Aula di Tribunale
Aula di Tribunale

Abbiamo più volte sottolineato come la giustizia civile in Italia sia a livelli di terzo mondo, ma scopriamo che anche la giustizia penale non sta molto meglio. Il caso emblematico della sentenza della Cassazione sull’assassinio di Meredith Kercher, che ha mandato assolti i due allora fidanzati Amanda Knox e Raffaele Sollecito dopo cinque gradi di giudizio – che hanno alternato condanne e assoluzioni –  ha fornito agli occhi del mondo l’immagine di una giustizia lenta e dalle decisioni contrastanti. Che costringerà lo Stato a sborsare cifre enormi per l’ingiusta detenzione dei due per quattro anni.

Ma non c’è solo questo. Anche la lungaggine complessiva dei processi è stata certificata dagli uffici statistici del ministero della Giustizia, che hanno fornito un quadro allarmante. Si deve sicuramente organizzarci meglio e lavorare di più, con meno dibattiti, polemiche e chiacchiere, per far fronte a questa vera e propria emergenza.

Primo grado – Nel 2013 sono state avviate 4,5 milioni di indagini. Di queste, 950mila erano contro ignoti e raramente sono sfociate in un dibattimento. Per quanto riguarda i circa 3,5 milioni di processi con imputati noti, si scopre che il 17% dei procedimenti ancora in fase d’indagine preliminare ha oltre 2 anni; come il 6,8% che pende davanti al gip, il 20% davanti a un giudice monocratico o il 27,9% dei processi con rito collegiale.

Appello – Anche in questo caso la situazione è critica. Le corti d’appello – scrive il direttore generale dell’organizzazione giudiziaria, Mario Barbuto, ex presidente del tribunale di Torino – non sono assolutamente in grado di smaltire le loro pendenze in meno di 3 anni. In media occorrono 35 mesi per smaltire un processo in secondo grado. E questa lentezza, annota Barbuto, porta pericolosamente nell’area a rischio risarcimenti: la somma dei ritardi tra primo e secondo grado, infatti, dimostra che «la percentuale dei “processi a rischio Pinto” è di molto superiore al valore del 7-8%, se ai mesi della Corte d’Appello si sommano i periodi della fase antecedente, senza contare i tempi dell’eventuale giudizio di Cassazione». La legge Pinto garantisce risarcimenti a chi subisce una giustizia troppo lenta.

Risarcimenti – In totale sono stati 2.840.849 i procedimenti esauriti nel 2013 tra Procure e tribunali ordinari, pari all’80,9% dei 3.509.243 procedimenti pendenti a fine 2012 dinanzi al complesso degli Uffici giudiziari italiani (considerando Corte di Cassazione, Corti d’appello, Tribunali ordinari, Giudici di pace, Procure della Repubblica, Tribunali-Minori, Procura-Minori). Il resto – e torniamo a quel 20% circa che Barbuto denuncia come procedimenti pericolosamente lenti – si cumula sul lavoro dell’anno entrante. Si stima che in appello siano 266.475 i processi arretrati. Di questi, la metà (137.153 processi) sono concentrati in 5 sedi: Napoli (49.037), Roma (34.133), Torino (22.293), Bologna (17.302) e Venezia (14.388). Quanto agli uffici di Tribunale ordinario, alla data del 31 dicembre 2013, erano 1.314.511 i processi pendenti di primo grado, il 29% dei quali concentrato in soli dieci Tribunali (Napoli, Santa Maria Capua Vetere, Roma, Latina, Bologna, Milano, Velletri, Perugia, Taranto). Come si può rilevare Firenze non è compresa fra gli uffici con il maggior arretrato. Anche se è stata proprio la magistratura fiorentina ad emettere l’ultima sentenza del caso Kercher, annullata dalla Cassazione.

Le cause – Il Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria è attualmente impegnato nell’individuare le ragioni di tale situazione: piante organiche, risorse materiali, tasso di scopertura del personale amministrativo, analisi dei flussi, altri fattori rilevabili in sede ministeriale (per esempio la performance parallela nel settore civile); non ultima, la diversa tipologia della criminalità nelle varie parti del Paese.

Il Ministero infine rileva l’opportunità «che anche i dirigenti degli uffici giudiziari maggiormente interessati effettuino un’indagine interna per capire se le anomalie dipendano da questioni diverse o più specifiche e se le stesse siano rimuovibili». Ovviamente va considerata la complessità di certi processi. E la mole di lavoro di certi territori, aggrediti dalla malavita. È inevitabilmente amaro il commento di Barbuto: «Resta fermo il brocardo che “giustizia ritardata è giustizia negata” risalente alla Magna Charta del 1215 che è la condanna storica della inefficienza (o, se si preferisce, della inefficacia) della giustizia, sia nel settore penale sia nel settore civile».

E forse sarebbe opportuno ricordare che una minore propensione a gestire con priorità e maggiore dedizione le cause che fanno acquisire maggiore visibilità, senza poi alcuna conclusione (il caso Ruby è esemplare) o con conclusioni fallimentari e controproducenti per la reputazione della stessa categoria dei magistrati (caso Kercher, ma non solo) contribuirebbero a sanare l’arretrato.

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