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Jobs Act, contratto a tutele crescenti. Ma ai giovani che chiedono un mutuo serve sempre un’assicurazione o la garanzia dei genitori

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ROMA – Nonostante le entusiastiche previsioni del governo il Jobs Act e il contratto a tutele crescenti ancora non dispiegano tutti i loro effetti. Ad esempio un giovane in possesso di questo tipo di contratto incontrerà le stesse difficoltà che avevano i co.co.co per la richiesta di un mutuo per comprare casa. Sì perché le banche stanno facendo ricorso a un concreto escamotage per superare le incognite di trovarsi in portafoglio un creditore con un elevato rischio di insolvenza dopo 36 mesi, lo stesso applicato già ora quando si presentava un co.co.co o simili. E cioè la sottoscrizione di una polizza assicurativa, che copra l’istituto dal rischio di licenziamento del mutuatario, oppure la richiesta di una garanzia accessoria come la firma di un parente pensionato o con contratto a tempo indeterminato.

Secondo i risultati di un’inchiesta pubblicata su un sito alternativo, per ora l’annuncio del premier a Palazzo Chigi del 20 febbraio scorso: «Parole come mutuo, ferie, diritti e buonuscita entrano nel vocabolario di una generazione che ne era stata esclusa» restano lettera morta. Il nuovo contratto è infatti in vigore da più di un mese ma gli istituti di credito italiani ancora nicchiano.

REDDITO – Il problema è che per avere un mutuo occorre avere un reddito certo per il periodo del suo ammortamento. Chi ha un contratto a tutele crescenti questa certezza l’avrà per 3 anni, poi l’alea è così elevata (soprattutto nei primi anni di applicazione del Jobs Act) che nessuna banca riesce a quantificarla. Ed è appunto questa incognita — definita in termine bancario «il tasso di rischio» — a frenare l’intero sistema bancario. Insomma se a parole per il sistema bancario per bocca del presidente Abi, Antonio Patuelli, ha dichiarato che «non sono contratti di serie B», nella fase operativa non riesce ancora a calcolare il tasso di rischio legato ai nuovi strumenti di lavoro. E nell’attesa che vi siano delle serie storiche con le quali confrontarsi, il problema è risolto con una polizza assicurativa che tutela le banche dal licenziamento degli affidati.

POLIZZE – Le polizze hanno prezzi elevati. Per un mutuo da 80 mila euro il costo extra è di circa 10 mila euro. Un ottavo dell’ammontare totale ovvero il 12,5% in più. Una cifra che spalmata su dieci anni fa aumentare la rate di circa 40 euro al mese in più. Ovvio che la copertura non è assolutamente obbligatoria ma à logico che la sua sottoscrizione faciliti non poco l’erogazione del mutuo.

La via d’uscita all’impasse, per ora, sarà probabilmente la stessa del passato: la firma di garanzia di genitori e parenti, difficilmente negata. A patto che questi siano ricchi o comunque non precari e disagiati. In barba all’inclusione sociale caldeggiata dal governo

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