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Firenze, l’arte contemporanea si confronta con Michelangelo: mostra alla Galleria dell’Accademia

Galleria dell'Accademia
La Galleria dell’Accademia

FIRENZE – La mostra, dal titolo provvisorio «I grandi dell’arte contemporanea a confronto con Michelangelo», è di quelle destinate a far parlare di sé: dal 14 giugno 2016 all’8 gennaio 2017, alla Galleria dell’Accademia, da una parte avremo il David e i Prigioni di Michelangelo attorniati da opere per nulla minori, i cui autori vanno da maestri medievali come Giotto e Taddeo Gaddi a quelli del Rinascimento come Paolo Uccello, Botticelli, Ghirlandaio, Perugino; dall’altra sarà schierata parte della produzione di dieci artisti tra i più celebri e quotati del nostro tempo: Marina Abramovic, Cai Guo-Qiang, Maurizio Cattelan, Damien Hirst, Jeff Koons, Yayoi Kusama, Bruce Nauman, Richard Prince, Gerhard Richter, Cindy Sherman.

I curatori della mostra sono Fabio Cavallucci, direttore del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, e Angelo Tartuferi, direttore uscente della Galleria dell’Accademia di Firenze, che ne accompagnano l’annuncio della grande esposizione queste parole: «È da una sensazione di spaesamento nei confronti di una forza del presente che supera quella della storia che nasce il progetto di questa mostra. Le opere degli artisti contemporanei che saranno messe in mostra alla Galleria dell’Accademia non solo reggeranno il confronto con Michelangelo, e con altri maestri, ma aggiungeranno elementi di sorpresa e più attuali chiavi di interpretazione a quelle del passato, al punto che perfino gli antichi capolavori potranno arricchirsi di nuovi significati agli occhi dei visitatori».

Una domanda che la mostra si pone è, naturalmente, cosa resterà nel futuro dell’arte del nostro tempo. Quali opere, in una galleria ideale, terranno il confronto con Michelangelo? Quali valori, quali qualità, il nostro tempo consegnerà ai posteri? Fra le due guerre Walter Benjamin aveva pronosticato che la riproducibilità tecnica delle opere d’arte ne avrebbe offuscato l’aura; invece la tecnologia l’ha forse addirittura potenziata, sia pur modificandola: alcuni supporti mediatici hanno richiamato enorme attenzione su alcune opere, ventualmente accrescendone le quotazioni.

Nell’ideare la mostra Fabio Cavallucci e Angelo Tartuferi sono partiti proprio dalla considerazione che, a dispetto di tale teoria, i new media e il sempre più esasperato star system degli ultimi decenni abbiano potenziato l’iconicità delle opere contemporanee, grazie anche al risalto conferitogli dal mercato e dall’enorme attenzione mediatica. Un asse interessante e inedito, quello che si è così venuto a creare fra il direttore dell’Accademia, ovvero il secondo museo più visitato d’Italia dopo gli Uffizi, e il direttore del “centro del sistema regionale per l’arte contemporanea”, il Pecci di Prato. Di sicuro Tartuferi non uscirà dalla sua carica lasciando il ricordo di un direttore privo di idee.

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