Pensioni: il contestato decreto sulla perequazione ha evitato l’indicizzazione negativa del montante contributivo per il 2015
ROMA – La stabilità degli assegni pensionistici 2015-2016 è garantita dal decreto che ha stabilito il rimborso un tantum. Con questo provvedimento infatti sono stati modificati anche i criteri di determinazione del montante contributivo mettendo gli assegni previdenziali al riparo dai cicli economici negativi, come quello attuale. Con la circolare 167/2015, l’INPS spiega alle proprie sedi come applicare le norme di cui all’articolo 5 del Dl 65/2015 per evitare la decurtazione di 20 euro per ogni 10mila di montante maturato.
COEFFICIENTE – Infatti il coefficiente di rivalutazione del montante contributivo della pensione si calcola, di anno in anno, in base all’andamento dei conti pubblici, in particolare in base alla media quinquennale del PIL nominale calcolata dall’ISTAT (articolo 1, comma 9, legge 335/95). La notoria e prolungata crisi economica ha portato questo dato in negativo, con il conseguente rischio di svalutare, anziché rivalutare, il montante contributivo per il calcolo della pensione. In parole semplici, i pensionati rischiavano di ricevere nel 2015 e 2016 un assegno più basso in applicazione del meccanismo.
DECRETO – Il decreto 65/2015, con il quale il Governo ha in parte recepito la sentenza della Corte Costituzionale 70/2015 (contro il blocco dell’indicizzazione per le pensioni 2012-2013 superiori a tre volte il minimo), prevedendo una restituzione parziale (una tantum di agosto, il cosiddetto Bonus Poletti), ha anche risolto la questione della rivalutazione, stabilendo (articolo 5, comma 1) che “in ogni caso il coefficiente di rivalutazione del montante contributivo come determinato adottando il tasso annuo di capitalizzazione»”, non può mai “essere inferiore a uno, salvo recupero da effettuare sulle rivalutazioni successive”. Questo vuol dire che, quando il calcolo del montante retributivo rischia di provocare una svalutazione della pensione, si assume artificialmente un coefficiente in base a uno, in modo che gli assegni non subiscano penalizzazioni. Ma lo stato non regala nulla, perché poi scatta il recupero della differenza nelle rivalutazioni successive, quindi negli anni seguenti. Tale recupero però è stato escluso per il 2015-2016, per il futuro sarà applicato.
Guardando ai coefficienti di capitalizzazione delle pensioni applicati dal 1991 ad oggi, si vede come il 2015 è stato il primo anno in assoluto in cui si è verificato l’effetto al ribasso (per cui è stato applicato il coefficiente pari a 1). Il coefficiente di rivalutazione 2016, in base al montante 31 dicembre 2014, è pari a 1,005331.