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Un'operatrice al lavoro a Pitti Filati

Pensioni, l’Ocse: l’Italia deve ridurre la spesa. Giovani al lavoro fino a 75 anni e con assegni inferiori del 25%

 pensionati
Inps

ROMA – L’Italia ha fatto importanti riforme del sistema previdenziale in direzione dell’aumento dell’età di uscita dal lavoro e della riduzione della spesa futura ma perché il sistema sia finanziariamente sostenibile sono necessari “ulteriori sforzi negli anni a venire”. Il rapporto Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) “Pensions at a glance 2015” presentato oggi dà atto al nostro Paese di aver intrapreso un cammino virtuoso ma sottolinea che quanto fatto finora non basta.

OCSE – Il nostro Paese ha la spesa previdenziale più alta dopo la Grecia rispetto al Pil (15,7% nel 2013 a fronte dell’8,4% medio nell’Ocse) e contributi previdenziali sul lavoro dipendente rispetto alla retribuzione al 33%, percentuale top tra i Paesi Ocse. I pensionati attuali – emerge dal Rapporto – hanno tassi di sostituzione netta rispetto al salario medio, vicini all’80% a fronte del 63% medio dei paesi più sviluppati e assegni in media largamente superiori ai contributi versati.

Con la riforma del 2011 – spiega l’Ocse – sono state adottate importanti misure per ridurre la generosità del sistema, in particolare attraverso l’aumento dell’età pensionabile e la sua perequazione tra uomini e donne ma l’invecchiamento della popolazione continuerà ad esercitare pressioni sul finanziamento del sistema”. L’Ocse sottolinea che la sentenza della Corte Costituzionale sulla mancata perequazione nel 2012-13 per le pensioni superiori a tre volte il minimo e i rimborsi decisi dal Governo ”avranno un impatto sostanziale sulla spesa pubblica”. Nel breve periodo vanno cercate risorse per ridurre al minimo l’impatto della sentenza mentre nel lungo periodo bisognerà stimolare la partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro. Se infatti il tasso di occupazione degli over 55 in Italia è aumentato di 15 punti (dal 31% al 46%) negli ultimi 10 anni è anche vero che questo è ancora di molto inferiore alla media Ocse (57%).

BOERI – Nel futuro si dovra’ lavorare più a lungo e si avranno pensioni più basse. La previsione è del presidente dell’Inps Tito Boeri, secondo cui “molti dovranno lavorare fino a 75 anni”. Presentando uno studio su “le pensioni minime di oggi e quelle di domani”, Boeri ha spiegato che l’assegno previdenziale di una persona della classe 1980 sarà del 25% inferiore a quelle di oggi (classe 1945), tenendo conto degli anni di percezione e utilizzando lo scenario di crescita del Pil dell’1%. Se la crescita economica sarà inferiore all’1% e se vi saranno interruzioni della carriera, le pensioni dei giovani – ha avvertito Boeri – “avranno seri problemi di adeguatezza”. Chi non raggiunge le condizioni per la pensione, se cioè perderà il lavoro sotto i 70 anni, rischierà di non aver alcun reddito: occorre quindi “costruire strumenti” contro la povertà.

SINDACATI – I sindacati ribadiscono il no a nuovi interventi di ‘stretta’ sul sistema previdenziale. ”La tenuta finanziaria del nostro sistema previdenziale – dice il segretario confederale Cgil Vera Lamonica – non è a rischio, di certo lo è l’entità delle prestazioni per ampie fasce della popolazione: basta riforme per fare cassa, si restituisca equità e solidarietà al sistema. “L’Italia – avverte il segretario confederale Cisl Maurizio Petriccioli – è il Paese che più di ogni altro, fra quelli dell’area Ocse, ha realizzato, negli ultimi 20 anni, interventi legislativi che hanno messo in sicurezza la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, trascurandone semmai la sostenibilità sociale”. Il rapporto Ocse – afferma il segretario confederale Uil Domenico Proietti – “continua a perseverare nell’errore di quantificare la spese per le pensioni al 15,7%, non tenendo conto che questo dato somma la spesa previdenziale con quella assistenziale”.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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