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Opera di Firenze: va in scena «Les Pêcheurs de perles» di Georges Bizet

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«Les pêcheurs de perles» (foto Roberto Ricci)

FIRENZE – All’Opera di Firenze va in scena «Les Pêcheurs de perles» di Georges Bizet (1838-1875) nell’allestimento del Teatro Verdi di Trieste.

Figlio di musicisti e talento precoce, Bizet compose l’opera a soli ventiquattro anni, dopo un lungo soggiorno in Italia. Il capolavoro assoluto che sarà «Carmen» è di là da venire, ma il talento del compositore si sente già e non mancano momenti di musica decisamente affascinante: è il caso, ad esempio, della romanza n° 4b «Je crois entendre encore», cantata da Nadir e che è entrata a giusto titolo fra i pezzi imprescindibili del repertorio dei migliori tenori lirico-leggeri, adesso in originale e una volta in traduzione («Mi par d’udire ancora» cantavano Beniamino Gigli e Tito Schipa). È d’altronde la sola melodia molto nota, talmente popolare che nel 2001 ne ha fatto una cover perfino David Gilmour, di un’opera infinitamente meno conosciuta e rappresentata della «Carmen», benché ormai sia entrata nei repertori dei teatri.

Anche se un collega autorevole di Bizet, Hector Berlioz, dopo la prima scrisse che nell’opera si trovano «un nombre considérable de beaux morceaux expressifs pleins de feux et d’un riche coloris» (‘un numero ragguardevole di bei pezzi espressivi pieni di fuoco e di colore intenso’), «Les Pêcheurs de perles» ebbe diciotto repliche in tutto e fu ripresa solo dopo la morte dell’autore, nel 1893, all’Opéra-comique; la nuova versione, rimaneggiata, servì da base alla traduzione italiana di Angelo Zanardini. Soltanto nel secondo Novecento si è intrapreso un lavoro di ricostruzione filologica dell’originale.

La trama. L’isola di Ceylon fa da sfondo a un triangolo amoroso dai risvolti inusitati: non meno forte dell’amore ricambiato fra Léïla e Nadir e di quello a senso unico di Zurga per Léïla è difatti l’amicizia fra i due uomini, che si esprime con toni un po’ diversi da quelli che si ritrovano nelle amicizie virili delle opere ottocentesche (un esempio su tutti, il «Don Carlos» di Verdi).

Si inizia coi pescatori che eleggono Zurga (baritono) come capo; poco dopo torna, dopo anni di assenza, Nadir (tenore). Grandi amici, si erano allontanati quando, durante un viaggio nella capitale, si erano focosamente innamorati entrambi a prima vista della stessa giovane sacerdotessa; ricongiunti, si promettono eterna fedeltà sulle note di «Au fond du temple saint» (un altro dei momenti più felici della partitura). Approda alla spiaggia una barca con la fanciulla che, costantemente velata e inaccessibile, dovrà, come ogni anno, vegliare e pregare per tener lontani gli spiriti malvagi mentre si pescano le perle. È Léïla (soprano), che giura di rispettare il voto di castità e racconta come anni prima, per salvare la vita a un fuggiasco, fosse stata pronta a sacrificare la propria. Affascinato, Nadir raggiunge nottetempo la sacerdotessa che gli sveglia il ricordo dell’amore perduto e che, da parte sua, lo ha perfettamente riconosciuto; il velo le cade accidentalmente e anche lui la identifica senza più alcun dubbio. Le frasi amorose che scambiano sono interrotte dal sacerdote Nourabad (basso) che, denuncia gli amanti a Zurga e agli altri pescatori. Zurga, seppur con disperazione, deve condannare a morte il traditore Nadir. Giunge da lui Léïla, e a sua volta la riconosce: è lei la donna che gli ha salvato la vita anni prima. Per salvare lei e l’amico Zurga incendia il villaggio e, mentre il popolo e i sacerdoti fuggono terrorizzati, aiuta i due a salire su una barca e resta a contemplarli solo e sconsolato, in un finale aperto (che poco piacque ai rimaneggiatori di fine secolo, che vollero farlo morire al posto del condannato).

Buona parte della riuscita dell’opera dipende dalla caratura vocale dei tre principali interpreti, specialmente di quello di Nadir, che deve padroneggiare alla perfezione il registro acuto e destreggiarsi nei cosiddetti “suoni misti”.

Opera di Firenze (Piazzale Vittorio Gui, 1 / Viale Fratelli Rosselli)

Mercoledì 24, giovedì 25, venerdì 26, sabato 27 febbraio, ore 20; domenica 28 febbraio, ore 15.30

«Les Pêcheurs de perles». Opera lirica in tre atti. Libretto di Michel Carré e Eugène Cormon. Musica di Georges Bizet. Allestimento del Teatro Verdi di Trieste.

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino diretti da Ryan McAdams; Maestro del coro: Lorenzo Fratini. Regia: Fabio Sparvoli; scene: Giorgio Ricchelli; costumi: Alessandra Torella; luci: Vinicio Cheli.

Léïla: Ekaterina Sadovnikova / Laura Giordano (25, 27)
Nadir: Jesús Garcia / Jesús León (25, 27)
Zurga: Luca Grassi / Stefano Antonucci (25, 27)
Nourabad: Nicholas Testé

Biglietti da 10 a 80 euro. Orari biglietteria e vendita diretta sul sito dell’Opera di Firenze

Durata complessiva: 2 ore e 30 minuti

Guida all’ascolto nello Spazio Incontri Foyer di Galleria 45 minuti prima di ogni spettacolo

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