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Riforme: Matteo Renzi parla nell’aula della Camera semivuota. Le opposizioni escono per protesta

renzi

La giornata definita storica dal premier Matteo Renzi, quella nella quale è iniziato l’ultimo round della discussione parlamentare delle riforme istituzionali, si è risolta in un monologo autoincensante del premier in un’aula semivuota, abbandonata per protesta da tutte le opposizioni.

OPPOSIZIONI – Ma andiamo con ordine. Tutte le forze di opposizione hanno abbandonato l’Aula della Camera durante l’intervento di Matteo Renzi sulle riforme. I primi a decidere di non ascoltare le parole del presidente del Consiglio sono stati i leghisti. «Non ci prestiamo allo squallido gioco di Renzi in cerca di visibilità mediatica. Sappia, il presidente del Consiglio mai eletto, che il Parlamento non è una succursale della direzione del Pd», spiegava in mattinata il capogruppo Massimiliano Fedriga. Nel giro di qualche ora anche i 5 Stelle annunciano, via Facebook, che non saranno in Aula durante l’intervento di Renzi. «Il governo Renzi è un comitato d’affari non eletto da nessuno che cambia la Costituzione insieme al condannato Verdini la settimana prima della votazione della sfiducia per il loro scandalo Trivellopoli. E’ una vergogna. Inquinano i nostri mari, distruggono la scuola pubblica, prendono ordini da lobbisti e intanto l’Italia muore. Oggi Renzi parlerà in aula, noi saremo fuori, in piazza Montecitorio», spiega Alessandro Di Battista. Poi è la volta di Forza Italia che con Elena Centemero annuncia in Aula che anche gli azzurri lasceranno l’emiciclo. Infine è Sinistra italiana a convergere sulla stessa linea. Lo conferma ai giornalisti il capogruppo Scotto.

RENZI – E’ quindi iniziato davanti alla sola maggioranza, rafforzata dalla pattuglia di Ala di Denis Verdini, l’intervento di Renzi. «Per la prima volta la classe politica mostra il meglio di se stessa. Riforma se stessa e non altrettanto hanno fatto altre parti della classe dirigente di questo Paese. Perciò la politica dà una grandissima lezione di dignità al resto della classe dirigente di questo Paese». Questo l’esordio di Renzi, che poi articola il suo intervento in venticinque punti, venticinque obiezioni di merito per rispondere alle critiche delle opposizioni sulla riforma costituzionale. Smonta, citando Dossetti, la teoria di chi vorrebbe che le riforme della Carta non fossero fatte dal governo. Replica all’idea che il combinato disposto Italicum-riforme metta eccessivo potere nelle mani di un solo partito. Spiega le ragioni del referendum costituzionale.

«Il punto politico è che siamo partiti nel marzo 2014, chiedendo alle forze vive del Paese di esprimersi con il metodo del confronto, abbiamo fatto seminari e incontri, poi licenziato un testo in linea con ciò che il governo è chiamato a fare e costituzionalmente messo in condizione di fare. A quel punto è partito un dibattito che è stato più corposo di quello dell’assemblea costituente , ha sottolineato il premier-. E’ stata una riforma affrettata? No, ho mostrato i tempi. Se il referendum andrà come auspico, saranno presentati 30 mesi, sei letture parlamentari e migliaia di emendamenti. Non si ricorda nella storia parlamentare un dibattito così lungo».

«L’unica forzatura è stata presentare 83 milioni di emendamenti, per cui non avevamo alternative a usare tutti gli strumenti del regolamento per arrivare a conclusione dei lavori. Nel centrodestra hanno più volte detto: non ci sono i numeri, saranno fermati questi dilettanti. Non è stata una previsione azzeccata», ha concluso.

ASSENZA – Quanto all’assenza delle opposizioni ha detto: «Dispiace che le opposizioni siano fuori. Uno può dire che non è d’accordo su tutto, o su niente, votare a favore o contro, ma scappare dal dibattito è indice di povertà sui contenuti. Quello che deve essere chiaro è che oggi vince la democrazia. Non significa cercare di non fare votare gli altri. Democrazia non si chiama ostruzionismo, democrazia non è fuga dall’aula quando non si hanno i voti. La democrazia si chiama confronto e poi espressione libera e democratica del voto».

CAPIGRUPPO – La Conferenza dei capigruppo della Camera ha poi confermato il calendario d’aula delle riforme respingendo la richiesta delle opposizioni, che ora minacciano ostruzionismo. L’aula inizierà domani alle 15 il voto sugli articoli del ddl Renzi-Boschi, con la possibilità di una seduta notturna. Non essendo contingentati i tempi non è ancora possibile stabilire quando ci sarà il voto finale.Nella riunione dei capigruppo le opposizioni hanno ripetuto quanto affermato in aula. M5s ha chiesto il rinvio del voto in presenza delle indagini giudiziarie di Potenza e in pendenza di una mozione di sfiducia in Senato, mentre Sel e Fi hanno chiesto il rinvio a dopo il referendum di domenica. Il capogruppo del Pd, Ettore Rosato, ha definito inaccettabili le richieste di M5s, contrarie alla Costituzione.

Alla fine la presidente Laura Boldrini, sulla base del Regolamento, ha confermato il calendario: si comincia domani alle 15 il voto sui singoli articoli delle riforme, con la possibilità di una seduta notturna. «Un clima pessimo e leonino» ha detto Renato Brunetta, mentre Arturo Scotto ha parlato di arroganza del Pd. «Domani non escludiamo nulla – ha aggiunto – : nei regimi le opposizioni si acquattano, nelle democrazie fanno il nostro mestiere».


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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