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Immigrazione: prevenzione e accordi con le comunità, questa la ricetta italiana contro l’islam radicalizzato

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I molti attentati che hanno insanguinato in particolare la Francia fanno riflettere sulla possibilità di convivenza fra varie comunità, che sembra seriamente compromessa da questi episodi di violenza con motivazioni religiose. Anche in Italia dunque le Autorità hanno da tempo avviato un’attività d’intelligence e di contrasto alla presenza di islamici radicalizzati, che sembra funzionare, almeno per ora. E anche fra gli imam ci sono state espulsioni mirate dei predicatori d’odio. Il Ministro Alfano inoltre ha raggiunto un’intesa con le comunità islamiche: gli imam verranno riconosciuti con decreto ma dovranno seguire un corso di approfondimento della cultura italiana e soprattutto predicare nella nostra lingua. Sono comunque svrariate le indagini (e i conseguenti arresti) che, in ogni parte d’Italia, dal Nord al Sud, hanno consentito di scoprire, solo nell’ultimo biennio, sospetti terroristi islamici, estremisti, “foreign fighter”.

PESARO – Un mese fa, ad esempio, Andrea Campione, pesarese convertito e indagato per terrorismo, viene condannato a due anni per aver spedito via internet un manuale per la costruzione di una bomba.

BRESCIA — Nel maggio scorso vengono inflitti sei anni di carcere al tunisino Lassaad Briki e al pakistano Muhammad Waqas, che al telefono parlavano di attentati da compiere alla base Nato di Ghedi (Brescia). A dicembre 2015 la Digos di Brescia arresta il kosovaro Samet Imishti, che si autodefiniva «il Saladino della nuova crociata per affermare la sharia in Europa».

VENEZIA – A maggio la procura di Venezia ordina l’arresto di Rok Zavbi, sloveno 26enne facente parte della rete di reclutatori agli ordini dell’imam Husein Bosnic, detenuto in Bosnia. A febbraio i carabinieri fermano a Mestre Ajhan Veapi, un cittadino macedone indagato per arruolamento con finalità di terrorismo, e a gennaio dietro le sbarre finisce Kadga Shabbi, ricercatrice universitaria libica accusata di istigazione a delinquere nell’ambito di reati di terrorismo (poi scarcerata e riarrestata poche settimane fa).

BARI – Negli stessi giorni la Dda di Bari arresta per terrorismo gli afghani Qari Khesta Mir Ahmadzai, Surgul Ahmadzai, Hakim Nasiri. Per gli inquirenti erano pronti a colpire, ma il giudice lascia in piedi solo l’accusa di traffico di migranti. La procura di Bari si oppone. Nel marzo scorso inoltre la magistratura barese apre un’indagine ipotizzando che il capoluogo pugliese sia il luogo di passaggio di terroristi e base per supporto logistico ai “combattenti stranieri”. A dicembre 2015 la Dda di Bari mette sotto inchiesta dieci persone per supporto ai “foreign fighter”.

LIGURIA – Ad aprile, in Liguria, 15 persone vengono indagate per terrorismo, e, nelle stesse settimane, una rete dell’Isis, formata da sei estremisti, viene smantellata nel Nord Italia. A guidarla Abderrahim Moutaharrik, 27enne di origini marocchine e campione internazionale di kickboxing, arrestato insieme alla moglie Salma Bencharki.

ROMA – Sempre a marzo, scatta a Roma un’operazione anti Isis del Ros contro il macedone detenuto Vulnet Maqelara, alias Carlito Brigande, e il tunisino Firas Barhoumi. Nel novembre 2015 la procura di Roma emette 17 ordinanze di custodia cautelare per associazione con finalità di terrorismo internazionale. Fra i destinatari anche il mullah Krekar, che dal carcere di Kongsvinger, a Oslo, incitava al martirio i suoi adepti della cellula “Rawti Shax”, con una base anche a Merano, in provincia di Bolzano (alcuni sono stati successivamente scarcerati, altri condannati).

CAMPOBASSO – Il 9 marzo un 22enne viene arrestato a Campobasso per istigazione al terrorismo.

COSENZA – A gennaio, nell’ambito di un’inchiesta contro il terrorismo internazionale condotta dalla Digos di Cosenza, finisce in carcere il marocchino Hamil Mehdi. Sempre a inizio anno tre libici vengono arrestati perché sospettati di far parte di una cellula pronta a compiere attentati, mentre nel dicembre del 2015 la polizia ferma a Pozzallo (Ragusa) un giovane sospettato di essere collegato all’Isis.

GROSSETO – Ad ottobre 2015 la polizia arresta il pakistano Muhammad Bilal, e a luglio, per presunti legami con l’Isis, stesso destino per padre, madre e sorella di Maria Giulia Sergio, la ragazza di Torre Del Greco (Napoli) convertita all’Islam radicale e arrestata pochi mesi prima.

CAGLIARI – Qualche settimana prima, 11 cittadini pakistani vengono fermati a Cagliari e accusati di aver costituito una cellula di Al Qaeda.

Infine, nei primi mesi del 2015 sotto inchiesta finiscono dieci islamici jihadisti a Roma, una donna e un gruppo di siriani a Milano, un albanese a Catania, un palermitano convertito all’islam a Palermo, cinque fratelli libanesi in Piemonte, Liguria e Toscana, tre pakistani nella Marche, cinque jihadisti in Veneto. Indagini aperte anche nel 2014, come quella della procura di Venezia su una donna sospettata di essere una reclutatrice di jihadisti, o quella dei pm milanesi su 40 curdi presunti terroristi. O, infine, l’inchiesta della procura di Palermo su possibili infiltrazioni dell’Isis fra i migranti sbarcati sulle nostre coste.

IMAM – Dall’inizio del 2015 sette imam sono stati espulsi per il loro incitamento all’odio. Il 29 dicembre scorso, ad esempio, è toccato al marocchino Adil Bamaarouf. Dalle indagini dei carabinieri è emerso che la sua intenzione era quella di «far esplodere la città di Roma».

Due mesi prima la Questura di Macerata ha cacciato dal nostro Paese un pakistano, in contatto con l’imam di Bergamo Zurkifal Hafiz Muhammad, che sul suo profilo Facebook aveva scritto che «il modo più semplice per sconfiggere Israele è unirsi tutti in preghiera e fare il jihad».

A inizio ottobre via dall’Italia anche il 37enne algerino Sofiane Mezzerregres, leader religioso della comunità musulmana di Schio (Vicenza), indicato dagli investigatori come un instillatore di odio verso l’Occidente. Secondo il suo indottrinamento, ascoltare musica a scuola era peccato.Mezzerregres, in contatto con l’integralismo salafita, invitava anche i giovani musulmani ad assumere atteggiamenti di sfida verso l’Occidente.

Nel marzo del 2015 la polizia di Lucca ha consegnato un provvedimento di espulsione anche a Abdel Mounime Halda, imam del centro islamico di Capannori, ritenuto «una minaccia per la sicurezza dello Stato».

Nell’agosto del 2014, infine, a dover varcare i confini dell’Italia è stato il marocchino Raoudi Albdelbar, leader religioso della moschea di San Donà di Piave. Nei suoi sermoni invitava a uccidere gli israeliani.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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