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Tasse: il Governo punta a ridurre Irpef e Ires, ma è difficile trovare le copertura

tasse

ROMA – Renzi ha più volte affermato di voler ridurre le tasse, annunciando una riduzione dell’Irpef già a partire da 2018 perché si tratta di una questione di equità e perché così ritiene di poter rilanciare i consumi, ancora fermi al palo. Gli 8o euro infatti, pur andando a beneficio di una moltitudine di italiani, non sono serviti a rilanciare l’economia, ma soprattutto a pagare bollette e mutui. Il governo prova così a alleggerire il carico fiscale, arrivato a percentuali record, per i cittadini e, secondo alcune anticipazioni trapelate dalle stanze dei ministeri, sarebbero in ponte una riduzione dell’Irpef, sembra a partire dal 2018, il taglio dell’Ires al 24%, a partire dal 2017, l’introduzione dell’Iri – imposta sul reddito dell’Iri imprenditoriale: si applicherà alle società di persone per agevolare chi decide di lasciare gli utili in azienda. Sarebbero le tre direttrici della strategia che il governo sta mettendo a punto per il capitolo Fisco. Ma un freno viene dalle sagge parole del ministro Padoan, che rileva una quasi assoluta carenza di risorse da dedicare a questo capitolo.

Comunque vediamo quali sarebbero i progetti che Renzi ha in mente.

Irpef  – L’imposta sul reddito delle persone fisiche è diretta e progressiva, proporzionale ai redditi (da lavoro dipendente, lavoro autonomo, fondiario, di capitale, di impresa). Le aliquote sono cinque, dal 23 al 43% (23% fino a 15mila euro, 27% fino a 28mila, 38% fino a 55mila, 41% fino a 75mila, 43% oltre). Nel programma di governo, il taglio dell’Irpef è fissato per il 2018, dopo quello dell’Ires. Si è anche parlato di anticipare il taglio, ma la decisione dipende dalle risorse disponibili. Il viceministro dell’Economia, Enrico Zanetti, ha proposto di introdurre la flat tax, ovvero un’aliquota unica al 27% per le fasce di reddito tra 15.000 e 75.000 euro, eliminando le aliquote del 38% e 41%.

Ires  – L’imposta sul reddito delle società è nata nel 2004 per sostituire l’Irpeg. L’aliquota era al 33%. Nel 2008 è scesa agli attuali livelli del 27,5%, ma dal 2017, così come già previsto dalla legge di stabilità 2016, e confermato più volte dal governo, si ridurrà al 24%. Riguarda enti e società di capitale residenti in Italia che svolgono attività commerciale; enti e società non residenti che svolgono parte dell’attività commerciale in Italia; enti non commerciali – enti pubblici e privati diversi dalle società – residenti nel territorio dello Stato e che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale.

Iri  – L’Iri è la nuova imposta sul reddito imprenditoriale che dovrebbe partire dal primo gennaio 2017. È unica e verrà applicata sia al reddito d’impresa che al reddito da lavoro autonomo. Era prevista già nella delega fiscale: l’obiettivo è favorire il reinvestimento degli utili in azienda per rafforzare le Pmi. Cambierà la base imponibile, distinguendo il reddito di impresa da quello dell’imprenditore o professionista: gli utili che non vengono distribuiti al professionista, all’imprenditore o al socio e rimangono in azienda sono soggetti infatti alla nuova imposta, mentre quelli prelevati contribuiranno a formare il reddito personale e saranno quindi soggetti all’Irpef. L’aliquota è allineata all’Ires. Teoricamente sarebbe quindi oggi al 27,5%, ma il governo ha già previsto un taglio l’anno prossimo al 24%. L’Iri dovrebbe quindi nascere direttamente su quel livello. La sottrazione di parte dei redditi di impresa dall’Irpef avrebbe però un costo, secondo alcuni calcoli a spanne, di circa 700-800 milioni. È il motivo per cui il governo aveva preso tempo sull’Iri dopo averla descritta nella delega.. La platea di imprese che ne trarrebbe vantaggio sarebbe pari, secondo i calcoli della Cna, a mezzo milione. Il total tax rate si ridurrebbe dal 62% al 60%.

PADOAN- Il ministro Padoan, parlando a Cernobbio, frena gli entusiasmi infondati del premier. La legge di bilancio che sarà presentata a ottobre in Parlamento e in concomitanza a Buxelles “conferma i principi di politica economica fin qui seguiti dal governo, ovvero di perseguire i due obiettivi di consolidamento della finanza pubblica e di sostengo alla crescita, pur in un contesto macro in cui le risorse sono minori.Lo spazio fiscale si è ridotto sia per ragioni esogene, con l’inflazione calata, sia per gli impegni presi dal governo di continuare nel consolidamento, con il deficit che rispetto al pil continuerà a scendere. In questo contesto ci saranno comunque risorse disponibili,  15 miliardi saranno dedicati alla rimozione delle clausole di salvaguardia, questo è il primo impegno del governo, poi le risorse che rimangono saranno dedicate al capitolo della crescita, della competitività e della produttività”.

Bambole, non c’è una lira, allegria. Questi i bei risultati di oltre due anni di governo del rottamatore.

 

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