Abe depone una corona davanti al monumento ai caduti della nave Arizona
PEARL HABOUR (HAWAII) - Omaggio del presidente giapponese Abe alle vittime del boimbardamento del Giappone alla base navale americana del 7 dicembre 1941. Un atto che spinge gli Usa a entrare in guerra. Così,
mentre tenta di mettersi in pace con i fantasmi della Seconda guerra mondiale e desidera rafforzare ancora di più la sua alleanza con gli Stati Uniti, il Giappone si prepara a un futuro caratterizzato dall'incertezza.
La visita storica del premier Shinzo Abe a Pearl Harbor (vicino a Honolulu, alle Hawaii) - dove la base della marina militare americana fu bombardata da Tokyo - chiude un cerchio aperto dal presidente Usa Barack Obama
nel maggio scorso a Hiroshima, la città giapponese su cui Washington sganciò la bomba atomica alla fine della guerra con il Giappone nel 1945. Questa visita dimostra come le due nazioni - pur senza chiedere
scusa l'una all'altra per gli atti compiuti - siano state capaci di siglare un'alleanza mai così forte e impensabile 75 anni fa.
Abe in raccoglimento a Pearl Habour
Il punto è che Barack Obama - il primo presidente Usa a recarsi a Hiroshima - sta per lasciare la Casa Bianca dove dal 20 gennaio prossimo entrerà un imprevedibile Donald Trump. Abe - il quarto leader nipponico ad essersi
recato a Pearl Harbor (gli altri, incluso il nonno Nobusuke Kishi, lo fecero negli anni '50) ma il primo a farlo al fianco di un Commander in chief Usa e a visitare il memoriale USS Arizona (completato nel 1961) - ha
già incontrato il 45esimo presidente Usa a New York nove giorni dopo la sua vittoria alle elezioni dello scorso 8 novembre. Successivamente a un meeting organizzato alla Trump Tower prima di proseguire il suo viaggio
in Perù, dove partecipò a un forum economico sulla cooperazione nella regione Asia-Pacifico, Abe emerse definendo il miliardario di New York come un leader affidabile. Cos'altro poteva dire? Il premier giapponese,
probabilmente l'ultimo ad avere un incontro bilaterale con Obama prima della fine del secondo e ultimo mandato di quest'ultimo, aspetta di vedere come agirà l'amministrazione Trump. In vista di quel momento, non ha potuto
fare altro che esprimere fiducia. Ma con la visita a Pear Harbor, Abe non solo cementa la sua relazione con il 44esimo presidente Usa, ma segnala anche all'amministrazione Trump che i rapporti sull'asse
Tokyo-Washington non sono mai stati così buoni. E che non c'è alcuna ragione per cambiarli in peggio.
In campagna elettorale, Trump ha messo in dubbio l'impegno degli Usa verso le alleanze post Seconda guerra mondiale, si è lamentato del sostegno militare Usa a favore di altre nazioni (Giappone
incluso) e ha praticamente fatto tramontare l'adozione della Trans-Pacific Partnership, l'accordo commerciale di libero scambio tra gli Usa e 11 nazioni che si affacciano sull'Oceano Pacifico, tanto promosso da Obama
e Abe.Nonostante le minacce in arrivo da Trump, il Giappone potrebbe risultare cruciale se il prossimo Commander in chief rivoluzionerà le relazioni con la Cina. In un momento di tensioni con le Filippine (il cui presidente
Rodrigo Duterte a settembre aveva definito Obama un figlio di puttana perché aveva espresso dubbi sulla guerra al narcotraffico nel Paese che ha portato amigliaia di morti), di incertezza politica in Corea del Sud (dove
la leader Park Geun-hye è stata travolta da un impeachment) e di tensioni con la Cina (che a metà dicembre ha sequestrato un drone sottomarino Usa nelle acque del Mar cinese meridionale), il Giappone potrebbe riproporsi
anche agli occhi di Trump come l'alleato necessario in Asia orientale.
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