
Governo: più poteri alla protezione civile per intervenire meglio nelle emergenze
Ritardi e confusione nell’azione di soccorso, mezzi che non arrivano, intere zone del Paese isolate e senza corrente. Al di là della tragedia di Rigopiano è apparsa evidente a tutti la poca efficienza della linea di comando della protezione civile, che pure aveva spostato molti dei suoi apparati in quelle zone in conseguenza del terremoto del 24 agosto.
PREFETTURE – Le critiche maggiori hanno investito il bersaglio più facile, le prefetture, e soprattutto la risposta, sinceramente fuori luogo, anche se causata da una serie di circostanze concomitanti, di una dirigente della prefettura di Pescara a chi chiedeva aiuto documentando verbalmente la richiesta: «basta con queste bufale».
MARTELLI – E’ ritornato in auge sui banchi dell’accusa addirittura l’ex vicesegretario socialista Claudio Martelli il quale non ha trovato di meglio che citare la famosa invettiva di Einaudi: Via il prefetto. Ma a lui si sono aggiunte molte altre voci del panorama politico. Si dimentica però che le prefetture sono state e restano il fulcro su cui si fonda l’azione dello Stato, e hanno operato con efficienza ed efficacia in tante occasioni di emergenze gravi del nostro paese, non solo di protezione civile, ma anche, da ultimo, per la questione immigrazione.
ZAMBERLETTI – Uno dei pochi che ha centrato il problema (essenzialmente di natura politica) è l’ex ministro Giuseppe Zamberletti, il fondatore della moderna protezione civile, poi disastrata dall’azione di recenti governi. Zamberletti ha giustamente ricordato la norma che consentiva alla sua protezione civile di agire presto e bene: «Il commissario agisce in deroga a tutte le norme ivi comprese quelle sulla contabilità generale dello Stato ed avendo come limite i principi dell’ordinamento giuridico». Nel 1976 infatti, subito dopo il terremoto del Friuli, le azioni di soccorso e di ricostruzione furono affidate a un Commissario straordinario che agì con tempestività, senza che si lamentassero ruberie o fossero avviate, a questo titolo, inchieste.
MIOZZO – Agostino Miozzo, già braccio destro del Capo Dipartimento della protezione civile ai tempi del terremoto dell’Aquila riflette: «Quando in conferenza stampa, dove si parla dell’emergenza in atto, vedi due persone, la domanda che ti fai è chi comanda? Ci dovrebbe essere una sola persona che rappresenta il sistema e decide. Ma in questo momento la gestione della crisi sembra essere affidata al capo della Protezione civile Fabrizio Curcio che lavora con il commissario straordinario Vasco Errani, i cui compiti paiono essere quelli di un commissario politico».
VIMINALE – In questo modo la macchina si è inceppata ed è finita in tilt, così il Viminale ha deciso di tornare in campo a gestire la fase operativa, è diventato di fatto il centro di comando dell’emergenza, spedendo il vice ministro Bubbico e il capo dei vigili del fuoco al centro di coordinamento di Penne per prendere in mano la situazione.
EMERGENZA – Unendoci all’unanime condanna per le gravi lacune dell’azione di prevenzione e di soccorso non si può dimenticare l’isolamento per 72 ore di interi paesi con un black out che ha interessato almeno 160mila utenze. Restano evidenti la sensazione di una sottovalutazione complessiva dell’emergenza, l’assenza di mezzi meccanici sul posto, pronti ad affrontare una situazione di maltempo preventivata da giorni, la rabbia dei sindaci, la disperazione dei cittadini.
BERTOLASO – Inevitabile il confronto, impietoso, con il modello di protezione civile di Guido Bertolaso, modello lodato dal’Ocse nel 2010 per la sua capacità d’azione e di coordinamento. Ci si domanda come la politica e la burocrazia abbiano potuto distruggere quella macchina operativa che a L’Aquila fu in grado di assegnare 5.653 abitazioni in 100 giorni, 4.549 in muratura, 1.204 in legno per circa 25mila sfollati. Della quale restano in piedi solo la straordinaria generosità ed efficienza degli operatori e dei volontari costretti a lavorare in condizioni estreme.
CAMPOBASSO – Per esperienza personale (allora ero prefetto di Campobasso) posso testimonioare con quante efficacia e professionalità quell’organizzazione di protezione civile si occupò, nel 2002-2003, con successo della tragedia di San Giuliano di Puglia. Anche allora, al di là delle polemiche giuste sulla sicurezza nelle scuole, tutti lodarono l’esemplare funzionamento della macchina dei soccorsi, di tutti gli apparati dello Stato, con il perfetto coordinamento fra organi centrali e locali, realizzato all’unisono da protezione civile e prefettura.
MONTI – A partire dal 2011 le modifiche normative volute dal presidente Mario Monti, con intervento assolutamente negativo ricordato anche dall’ex ministro Zamberletti, hanno depotenziato l’intero sistema della Protezione civile e con questo il ruolo che spetterebbe al capo del dipartimento. E’ stata disarticolata la catena di comando e controllo: ai tempi di Bertolaso il capo della Protezione civile aveva la piena gestione operativa e si relazionava direttamente con il presidente del Consiglio. Poteri assoluti, insomma. Ora non è più così. La cabina di comando è confusa, è stata creata una pericolosa diarchia con la nomina di Vasco Errani, voluta da Matteo Renzi, al fianco di Fabrizio Curcio, funzionario con una lunga esperienza di gestione emergenze.
RENZI – Chi ha operato per 40 anni nel campo della protezione civile, in varie sedi d’Italia, affrontando emergenze come alluvioni, terremoto, neve, frane non può che concordare con questi rilievi. Per ragioni anche di gelosie politiche e istituzionali è stato messo in ginocchio un apparato che funzionava, magari con pecche e forzature, ma interveniva con prontezza per salvare cittadini, alleviare i loro disagi, mettere in sicurezza determinate zone. Sono state fatte tante promesse, ma risultati quasi zero: le case per proteggere dal freddo le popolazioni terremotate del Centro Italia non ci sono, la ricostruzione affidata a un politico è di là da venire. Dopo cinque mesi dalla tragedia del terremoto di Amatrice.
GENTILONI – Se n’è accorto anche il premier Paolo Gentiloni che, riflettendo su questo tema con il ministro dell’interno Marco Minniti, ha tratto determinate conclusioni. E ha annunciato che per gestire al meglio la situazione si devono dare poteri straordinari a chi gestisce emergenza e ricostruzione. «Nei prossimi 3-4 giorni ci concentriamo, e lo faremo con l’Anac e con il Parlamento, su quali possono essere questi poteri straordinari, non possiamo avere strozzature burocratiche, dobbiamo dare un segnale di accelerazione forte e chiaro ai cittadini, tra i quali si è diffusa la disperazione».
Come al solito la politica italiana si accorge in ritardo dei disastri che ha combinato e cerca di tornare indietro, chiudendo la stalla quando sono scappati i buoi.
