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Usa: attacco in Siria. Pioggia di missili su base raid chimici. Lampi di guerra con la Russia

La base colpita in Siria

WASHINGTON – Pioggia di missili americani, ordinata da Trump, sulla base dalla quale sarebbero partiti i raid chimici ordinati dal presidente siriano Assad. L’Italia, per bocca del presidente del consiglio, parla di risposta motivata. La pioggia di missili è stata una svolta maturata in poche ore, nella convinzione del comandante in capo americano che una risposta per l’attacco con armi chimiche attribuito ad Assad non potesse più attendere. La pioggia di missili è piovuta nella notte sulla base dalla quale sarebbero decollati i jet siriani per il micidiale raid del 4 aprile, scatenando la durissima reazione di Mosca, che ha parlato di una grave aggressione e di danni notevoli ai rapporti con gli Stati Uniti.

Gli Usa sono arrivati ad un passo dallo scontro con la Russia, ha minacciato il premier Dmitri Medvedev. Ira anche del presidente siriano, che ha accusato gli Usa di comportamento spericolato e irresponsabile, promettendo che ci sarà una “reazione”. La tensione tra Casa Bianca e Cremlino è alle stelle. Tanto più che, intervenendo in Consiglio di sicurezza, l”ambasciatrice Usa Nikki Haley è stata chiara: «Siamo pronti a fare di più se si renderà necessario». Mentre da Mosca il ministero della Difesa ha annunciato al Pentagono la chiusura della linea diretta con gli Usa per prevenire incidenti tra aerei russi e americani nei cieli della Siria. La ritorsione Usa (da Trump definita vitale per la sicurezza
nazionale) apre adesso diversi scenari, con l’incognita sui prossimi passi e le prossime scelte del presidente americano.
Mentre gli Stati Uniti stanno verificando anche l’ipotesi che la Russia possa aver avuto un qualche ruolo nell”attacco chimico in Siria. Per Trump il punto di non ritorno lo hanno segnato quelle immagini dell”ennesima atrocità di Assad: «Nessun bambino dovrebbe soffrire così», ha detto parlando alla nazione da Mar-a-Lago dopo l’attacco sferrato poco dopo le 20.30 ora di Washington – le 3.30 del mattino a Damasco – con il lancio di 59 missili Tomahawk da due cacciatorpedinieri americani nel Mediterraneo orientale. Obiettivo la base aerea di Shayrat, nel centro del Paese, non lontano dalla città di Homs martoriata da sei anni di guerra. La stessa base da cui, secondo fonti di intelligence, sarebbero partiti i jet di Assad che martedì hanno scaricato agenti chimici sulla provincia di Idlib. Tutti i 59 missili Cruise hanno centrato gli obiettivi, ha fatto sapere la Casa Bianca: piste, velivoli, punti di rifornimento. Una risposta proporzionata, l’ha descritta il Pentagono, che ha ridotto la capacità del governo siriano di utilizzare armi chimiche. Un attacco mirato e limitato, di cui Washington aveva preavvertito diversi Paesi, tra cui anche la Russia, circa un’ora prima. Avvertito anche il personale russo presso la base colpita, allo scopo di evitare vittime collaterali. Il bilancio dell’agenzia ufficiale siriana Sana è di 15 morti: 6 soldati e 9 civili, tra cui 4 bambini. La reazione del Congresso Usa alla decisione del presidente è stata in generale di sostegno, ma si invoca adesso un maggiore coinvolgimento del ramo legislativo per i passi successivi.

Il segretario generale dell”Onu Antonio Guterres ha invocato moderazione per evitare di peggiorare la sofferenza del
popolo siriano, ribadendo che non c’è altra via di quella politica alla soluzione della crisi siriana. Ma la voce di Mosca
si è alzata anche a Palazzo di Vetro: «L’aggressione Usa in Siria è illegittima e rafforza il terrorismo», ha tuonato il
vice ambasciatore russo all”Onu, Vladimir Safronkov. Uniti, per una volta, anche gli europei nella forte condanna
all”uso di armi chimiche. In un comunicato congiunto, il presidente francese Fran‡ois Hollande e la cancelliera tedesca
Angela Merkel hanno sottolineato come l’intera responsabilità pesi su Assad, auspicando sanzioni appropriate delle Nazioni Unite per l’uso delle armi chimiche. Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha parlato di risposta motivata e limitata ad un crimine di guerra, ribadendo l’importanza dell’impegno comune perché l’Europa contribuisca alla ripresa dei negoziati con Onu e Russia. A sostegno dell’azione americana si sono schierati anche i nemici storici del regime di Assad, da Israele all’Arabia Saudita, alla Turchia di Erdogan.

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