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Pensioni: L’APE costerà oltre il 15% della pensione netta. Le regole allo studio del Governo

ROMA – L’APE volontario sarà restituito in 260 rate in un periodo di 20 anni mediante una trattenuta che sarà effettuata dall’INPS all’atto del pagamento di ciascun rateo pensionistico, inclusa quindi la tredicesima. E’ questa una delle principali novità del DPCM sull’ape volontario che il Governo sta mettendo a punto in vista della sua approvazione definitiva.

L’importo dell’Ape volontario sarà determinato al netto dell’Irpef dovuta solo per il reddito da pensione, compresa l’addizionale regionale ma esclusa quella comunale, applicando altresì le detrazioni fiscali spettanti in favore dei familiari a carico (es. coniuge, figli e disabili) vigenti alla data della certificazione del diritto da parte dell’Inps. La quota contributiva – che decorre dal 1996 per coloro che avevano meno di 18 anni di contributi alla fine del 1995, o dal 2012 per coloro che avevano almeno 18 anni di contributi entro il 1995 – sarà calcolata sulla base dei coefficienti di trasformazione vigenti al momento della domanda, superando di fatto la criticità che era emersa dalle schede dell’Inps dove si precisava che l’importo sarebbe stato pari a quello della pensione futura. Infatti, a causa degli adeguamenti legati alla speranza di vita che comportano la rideterminazione dei coefficienti (in riduzione), non è possibile stabilire quali saranno quelli vigenti dal 1° gennaio 2019, quando è fissato il nuovo adeguamento. La commissione di accesso al fondo di garanzia è fissata all’1,60% dell’importo di ciascun finanziamento.

Quanto all’importo del trattamento che potrà essere riscosso in anticipo il DPCM conferma che le percentuali oscilleranno tra il 75% ed il 90% dell’importo dell’assegno come sopra stabilito a seconda dell’entità dell’anticipo richiesto con un minimo di 150 euro mensili. La misura decollerà non prima di giugno a causa dei ritardi nell’attuazione (manca ancora la stipula delle convenzioni quadro tra settore bancario e assicurativo)  e riguarderà i lavoratori dipendenti del settore privato, i dipendenti del settore pubblico, gli autonomi iscritti presso le relative gestioni speciali dell’Inps (artigiani, commercianti e coltivatori diretti), gli iscritti alla gestione separata dell’Inps (restano fuori, invece, i liberi professionisti assicurati presso le casse professionali e l’Inpgi). Tra i punti affrontati dal DPCM c’è il raccordo con l’APe sociale con la possibilità per il lavoratore di finanziare l’eccedenza della pensione (la quota cioè superiore ai 1.500 euro lordi mensili) rispetto al reddito ponte erogato dallo Stato.

I lavoratori in questione, come noto, dovranno avere un minimo di 63 anni di età e 20 anni di contributi oltre a trovarsi a non più di 3 anni e 7 mesi dal pensionamento di vecchiaia nel regime obbligatorio. Sarà, inoltre, richiesto che l’importo della futura pensione mensile, al netto della rata di ammortamento per il rimborso del prestito richiesto, risulti pari o superiore a 1,4 volte il trattamento minimo dell’assicurazione generale obbligatoria (cioè 702,65 euro al mese). Dato che questo valore deve essere considerato al netto della rata di restituzione, il cui importo può raggiungere anche i 100-130 euro al mese a seconda dell’anticipo richiesto, i pensionati che avranno diritto ad una pensione futura inferiore a 800 euro dovranno valutare l’effettiva possibilità di conseguire lo strumento ed eventualmente ridurre l’importo dell’anticipo richiesto o spostare in avanti l’uscita di qualche mese per rispettare il suddetto vincolo. L’entità della decurtazione ventennale della pensione risulterà compresa in una forbice oscillante tra il 4,5 ed il 5% netto per ogni anno di anticipo in corrispondenza della massima percentuale di prestito richiesta. Complessivamente, in occasione del massimo anticipo richiesto, l’importo della pensione verrà ridotto in una misura superiore al 15%.

Ape, Governo, pensioni

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