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Tasse: l’Irpef regionale è aumentata a dismisura, la Toscana si trova al terzo posto

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ROMA – Nel momento in cui l’Istat certifica che la pressione fiscale, a livello nazionale, ha superato il 38%, battendo ogni precedente record (dobbiamo ringraziare Renzi), una ricerca di Confprofessioni ci fa sapere che l’Irpef regionale è una delle tasse che ha fatto registrare in questi anni gli aumenti più elevati. Aggiungendosi a quella, altrettanto aumentata, dell’irpef comunale. Renzi a suo tempo, facendo illudere il popolino di aver diminuito le tasse nazionali, aveva permesso però, grazie a quest’imposta, agli enti locali, che prima rastrellavano 7,47 miliardi, di elevare gli introiti a ben 11,85, miliardi, il 50% in più. I picchi più alti ci sono stati nel 2007 e nel 2011 ma anche il 2015 ha fatto segnare +4%.

Gli enti locali hanno compensato perciò i soldi ricevuti in meno da Roma con maggiori tasse sul territorio. Tasse che non hanno mai esplicitato un loro «scopo», sono state silenziosamente annegate nell’Irpef. Commenta Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, l’Associazione che ha elaborato le rilevazioni: «La pressione fiscale, sia a livello nazionale che locale, ha raggiunto livelli insostenibili e chi afferma che le tasse in Italia diminuiscono, mente. I dati che emergono dall’evoluzione dell’andamento del prelievo fiscale sono sconfortanti». Tanto più che non si vedono risultati concreti di questi maggiori introiti in quel pozzo senza fondo che sono le regioni, perché i servizi non sono certo migliorati. Tanto da indurre proprio oggi il ministro Lorenzin ad affermare di restituire allo stato le competenze in materia di sanità per evitare eclatanti sperperi.

Se si entra nel dettaglio dei dati regionali il giudizio negativo di Stella trova piena conferma: in tutte le regioni si è verificata una crescita dell’imposta media seppur con differenze marcate. Come già detto il Lazio è la Regione che fa pagare di più ai suoi contribuenti (oltre 620 euro l’anno con una differenza di ben 216 euro sulla media nazionale) ed è facile pensare che ciò sia legato alla difficoltà di controllare la spesa sanitaria da lungo tempo commissariata.
Fa una certa impressione l’Emilia-Romagna, governata dal centro-sinistra, che ha deciso l’aumento più consistente di questo decennio, da 195 a 418 euro (+113%). In termini relativi la seconda regione per incremento è un’altra delle regioni «rosse» che si autoproclamano ottime e sagaci amministratrici: anche in Toscana l’addizionale è cresciuta del 92% passando da 186 a 360 euro. Gli aumenti più ridotti sono quelli di due amministrazioni in mano al centro-destra, il Veneto (+33%) e la Lombardia (+34,8%). «L’incremento del prelievo fiscale da addizionale regionale è aumentato ovunque ma non in misura uniforme — commenta Andrea Dili di Confprofessioni e autore dello studio in questione — Mentre alcune regioni hanno sostanzialmente raddoppiato il gettito, altre sono riuscite a contenere la misura di tali incrementi». E, dati alla mano, non sono state certo quelle del preteso buongoverno della sinistra.

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