Skip to main content

Ucciso in Santa Croce da un sasso: la responsabilità di vivere a Firenze

Un'immagine ottocentesca di Piazza Santa Croce, con la statua di Dante al centro
Un’immagine ottocentesca di Piazza Santa Croce

Firenze è sotto choc. Tutti siamo scioccati. La morte di Daniel Testor Schnell, turista catalano di 52 anni, è assurda, incredibile, inaccettabile. Non puoi andare a visitare il tempio delle itale glorie, I Sepolcri di Ugo Foscolo, dove riposano Galileo, Michelangelo, Machiavelli, Alfieri, Rossini, Leon Battista Alberti, e restare ucciso da un capitello precipitato da una navata. Di questi tempi metto in conto anche un attentato dell’Isis. Ma perdere la vita per colpa di un sasso, magari issato lassù dal genio di Arnolfo di Cambio, no, non è tollerabile. La magistratura ha già aperto l’inchiesta, la giustizia farà il suo corso. Però nessuno leverà dalla testa della gente che a Firenze si può morire anche per un pezzo d’antichità che ti piomba sulla testa. La notizia ha già fatto il giro del mondo. Quando succede qualcosa a Firenze il tam tam mediatico è immediato. In queste settimane si è parlato della città come di una specie di Sodoma, dove si violentano ragazze anche minorenni. Capita da un’altra parte e la notizia la chiudono in dieci righe. A Firenze no: ogni cosa esplode sulle tastiere come una bomba.

PATRIMONIO – Curzio Malaparte diceva: «I fiorentini non sono migliori degli altri. Però hanno qualcosa che li fa apparire diversi. E dunque eccezionali». Non so se sia vero. Essendo nato, cresciuto e … peggiorato qui, non me lo sono mai chiesto. Ritengo però che, proprio noi, si debba sentire il senso di responsabilità di vivere a Firenze. Non tanto per i 12 milioni – chi dice più, chi dice meno – di turisti che vengono ogni anno a vedere, a fotografare e a sciamare fra Galleria dell’Accademia, piazza Duomo, piazza della Signoria, Ponte Vecchio e, appunto, Santa Croce, quanto per quello che la sorte ci ha riservato di custodire. Nel bene e nel male. Firenze è un patrimonio. Anche scomodo. Opere d’arte che hanno sei, sette secoli o più vanno curate e monitorate come bambini. O come vecchi di cent’anni. Magari floridi, ma delicati.

SCUSE – Non ho dubbi che le soprintendenze e tutti coloro che hanno qualche competenza si siano dati da fare. Ma, come vedete, non è stato sufficiente. Questa è una città vetrina con le sue mille fragilità. Di cui ci dobbiamo rendere conto. Nell’Ottocento spostarono il David da piazza della Signoria alla nuova casa, la Galleria dell’Accademia, perchè si resero conto che gli agenti atmosferici potevano erodere un capolavoro assoluto. Ma quanti monumenti, e quante chiese, rischiano di cedere al passare del tempo? Santa Croce mi ricorda, e non può essere diversamente, il Cristo di Cimabue e la minaccia dell’Arno. Dalla quale non ci siamo ancora affrancati. Colpevolmente. Ora, per usare un eufemismo, dobbiamo chiedere scusa prima di tutto alla moglie del povero Daniel. Poi dovremo guardarci intorno, prendere provvedimenti. E rassicurare il mondo sulla nostra capacità di custodire quello che abbiamo ereditato.

.


Sandro Bennucci

Direttore del Firenze PostScrivi al Direttore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Firenze Post è una testata on line edita da C.A.T. - Confesercenti Toscana S.R.L.
Registro Operatori della Comunicazione n° 39741